ELOGIO
FUNEBRE DELLA
BUONA
AZIONE
di
Roberto
Lorenzini
Dedicato a tutte le vecchiette
accumulatesi in questi anni
sui cigli delle strade
A
lei non dispiace tanto il fatto di essere lentamente scomparsa senza far troppo
rumore, quanto di essere stata fraintesa. Quello che la manda in bestia è che
nel ricordarla la si definisca la sorella minore del servizio, il servizio in
pillole pediatriche.
Lei
ragazzina vivace e imprevedibile rivestita con gli abiti seri del servizio e
del dovere si è intristita, ha smesso di divertirsi e annoiata dalle
chiacchiere se ne è andata.
Voglio
renderle onore prima che se ne perda la memoria ricordando i suoi natali.
La
B.A. era figlia di quel gusto tipico dei bambini di fare degli scherzi,
di essere imprevedibili a noi adulti, di spiazzarci, di lasciarci stupiti
di fronte ad una realtà per noi sempre uguale, per loro sempre aperta a mille
diverse possibilità. Quando si invecchia non si riesce più a suggerire delle
B.A. perché è difficile guardare all’improvviso le cose da un altro punto di
vista, inventare una soluzione totalmente nuova, godere dell’imprevisto.
La
madre era la prontezza (ricordata
anche nel nostro motto, povero pure lui) e cioé quell’immediatezza nel
passare da un’intuizione all’azione senza troppo pensarci su, che poi
diventando grande e seria, ma anche meno simpatica, si trasforma in progettazione,
preparazione e tutte quelle altre cose che iniziano con «pr» e spesso
non finiscono mai.
A
me insegnavano che le cose ci si mette più a dirle che a farle. Ma per noi
adulti questo è un aspetto secondario e così ci siamo perfezionati nel
dirle, nel dirle bene, nel dirle soltanto; tanto per farle ci si mette poco e
c’è sempre tempo:
prima
di muoversi occorre avere chiare le idee su cosa si vuole ottenere, quanto ci
costerà, ed un progetto ben dettagliato.
Invece
questi ragazzini non sanno aspettare, sono impazienti, talvolta persino
entusiasti di veder subito realizzato ciò che gli frulla per la testa: roba da
matti.
Sua
sorella la vigilanza è inconsolabile,
erano sempre insieme, non facevano un passo da sole. Senza una costante
attenzione a quello che succede intorno, soprattutto alle persone per capire
le loro difficoltà ma soprattutto i gusti, cosa potesse far loro piacere, la
B.A. non riusciva a vivere e così girava spesso sulle spalle di sua sorella
vigilanza che per lo sforzo si fortificava e cresceva: oggi la sviluppiamo con
sistemi più moderni (tappe, mete, obiettivi ecc.) e la chiamiamo Spirito
Critico che ha tutta un’altra dignità: che diamine! Certo era divertente
far trovare il pranzo pronto ai genitori che tornavano convinti di doversi
mettere ad apparecchiare e magari poi uscire per tornare dopo di loro e
mostrarsi meravigliati; oppure nottetempo nel massimo silenzio tirare a lucido
tutte le pentole che domani sarebbero toccate a Carlo proprio il giorno del suo
compleanno; oppure svuotare prima della marcia lo zaino di Marco, che ha sempre
terrore di non farcela, gonfiando un po’ il materassino per farlo sembrare
pieno e poi una volta arrivati rimettere tutto a posto mentre lui si sta
vantando di essere diventato un superman; oppure ... oppure ... a me non vengono
più in mente, ci vorrebbe un ragazzino; certo era divertente, ma oggi non c’è
più tempo perché siamo impegnati in cose molto più serie «per crescere
secondo una ben precisa, preordinata e personalizzata progressione educativa».
Ieri
ho avuto notizia dell’esistenza ancora di alcuni esemplari di B.A. Mi sono
messo a letto pensando di promuovere un coordinamento per riconoscerla come
specie protetta in via d’estinzione e tentare un ripopolamento; poi sfinito mi
sono addormentato e ho sognato B.-P.
Il
vecchietto, lui sì, continua ad essere imprevedibile. Credevo fosse contento
del mio elogio funebre alla B.A. ed invece mi ha detto, agitando il bastone, che
avevo scoperto l’acqua calda, che queste cose le aveva già dette 70 anni fa e
che, se non lo sapevo, lui non l’aveva chiamata B.A. ma good
turn, cioè «bel tiro», l’incontrario di uno scherzo cattivo o
stupido, ma pur sempre uno scherzo, una sorpresa che diverte chi la riceve e chi
la fa.
Mi
sono affrettato a chiedergli se pensava che, nella nostra situazione
socio-economica e culturale da un lato, e nel contesto della nostra storia
associativa recente, la B.A. fosse ancora uno strumento
educativo valido. Mi ha guardato sconsolato come a dire che con gente come me
non c’è riparo e se n’è andato.
In quel preciso momento mi sono risvegliato, qualcosa di strano ai piedi, avevo gli alluci legati con le mie amate zoccolette che da un mese, con grande disperazione, non riuscivo più a trovare. Grazie, ho capito.
"Scout - Proposta
Educativa" (rivista capi Agesci), Gennaio 1984