Molto del materiale scritto da Fausto Catani è stato raccolto nel libro "A caccia con Lupo Rosso Solitario" (a cura del Centro Studi ed Esperienze Scout Baden-Powell); questo libro rappresenta, in un certo senso, un importante manuale di lupettismo (ma non solo di lupettismo..). |
il "fondatore" del Lupettismo cattolico italiano
Fausto Catani
Lupo Rosso Solitario
23/6/1909 - 18/5/78
di
Fulvio Janowitz
« Ululate, cani! Un lupo è morto stanotte! »
(Kipling)
Cosa
è stato Fausto Catani nello scautismo italiano?
Il
pellegrinaggio rover Assisi-Roma nel 1948 fu anche un’occasione di riunione
dei primi lupettisti con il loro indimenticabile Akela d’Italia. Ci parlava
con occhi vividi ed intelligenti dietro due lenti cerchiate d’oro, con voce
calda e frasi precise: ci esponeva il «suo» lupettismo di B.-P.. E ritornammo
a casa entusiasti per raccoglierci nel freddo inverno modenese di Fiorano in
un grande cerchio i cui contorni si perdevano nella fitta nebbia.
Il
suo primo campo scuola credo, un grande urlo che risuona ancora nelle menti e
nei cuori di coloro che lo lanciarono allora.
Non
vogliono suonare retoriche, fratelli, queste note, ma un commosso tributo ad un
capo che è tornato alla Casa del Padre.
Lavorava
per i tanti bambini italiani offrendo ai loro educatori scout i nuovi «ferri
del mestiere»: nella vecchia ASCI [precedente lo scioglimento del 1928] il
lupettismo non aveva ancora trovato la sua identità ed al risorgere dello
scautismo dopo la notte fascista e la seconda guerra mondiale culminata per il
nostro Paese nella Resistenza, tornarono ancora i «Riparti Misti»
[per «riparti misti» si intendevano unità comprendenti lupetti,
esploratori e rovers, sia pure in differenti squadriglie].
Promosse
assieme a Monass e Salvatori la prima grande riforma: il Gruppo Scout con unità
distinte: Branco-Riparto-Clan, tutt’ora operante e valida soluzione ai
problemi dell’età evolutiva affrontata nell’ottica della metodologia scout.
Fedeltà
allo scautismo di B.-P., ancoraggio ai principi di Gilwell [il campo scuola
storico fondato da B.-P. in Gran Bretagna]: questi i cardini della sua azione,
ben presto proiettata anche verso i problemi internazionali per un
reinserimento del rinato scautismo italiano.
Ma
la sua azione più incisiva, il suo apporto più originale rimane legato al
lupettismo.
Formò
attorno a sé due «cerchi» uno più piccolo, la Pattuglia Nazionale, uno più
largo: quello degli Incaricati Regionali.
Diresse
personalmente i campi di Il tempo ed assegnò parsimoniosamente, come allora
usava, le prime wood-badges. Avere da lui le «scarpette» era una «laurea».
Giusto? Errato? Va collocato nel tempo, come ogni accadimento richiede.
Voleva
due volte all’anno riunioni di Pattuglia Nazionale lunghe una settimana.
D’estate era tradizione farne una nella sua casa di via Lisbona 9,
indissolubilmente legata anch’essa al suo ricordo. Ci facevamo da mangiare,
discutevamo, scrivevamo, cantavamo insieme.
«Jau!!!»,
giornale per i Lupetti seguiva il ritmo della vita del Branco e ben presto gli
affiancò «Attorno alla Rupe» per i Vecchi Lupi, tra l’altro con un commento
esplicativo di quanto via via appariva su «Jau!!!». Ideò uno strumento
di controllo eccezionale per il giornale dei «suoi» lupetti — la «famiglia
felice di Jau» — ove venivano letti, discussi (e spesso cestinati...) gli
articoli da un gruppo di lupetti scelti nei Consigli d’Akela romani.
Ricordo
ad una di quelle riunioni, e spero non gli dispiaccia che lo rammenti qui, un
lupetto critico acuto e severo: Titta Righetti. Ed altri ancora potrei citare..
Formò
una generazione di capi, affidando loro i campi scuola di primo tempo nazionali.
Era convinto che lo scautismo vero si tramandasse più che sui libri attraverso
la formazione capi, vissuta nella giusta atmosfera.
Per
noi, era una scoperta, rivissuta poi da tanti, «entrare nella pelle». A me
toccò quest’esperienza nel primo campo di Roviano, dicembre 1949. Al suo
fianco un giovane Baloo appena ordinato sacerdote e prescelto quale Baloo
d’Italia dopo il primo, don Tullio Brida, Mons. Luigi del Gallo.
La
scoperta dell’armonioso equilibrio d’un ideale «treppiede» metodologico
(Gioco, Giungla, Tecnica) immerso nella Famiglia Felice avveniva lì. In
quei pochi giorni intensamente vissuti, dopo i quali si tornava ai nostri
Branchi con i «ferri del mestiere».
La
giungla... quanti attacchi, quante discussioni per chi era «fuori» e non
capiva. Ma quanto entusiasmo per chi accoglieva con animo puro la sua visione
e, mediante la sostituzione dei motivi, altro originale insuperato apporto, la
elevava nella spiritualità francescana.
Giungla
come realtà non
come fantastico: lo sosteneva non con argomentazioni teoriche, ma facendo
scaturire il concetto da esempi incancellabili come sa chi lo ha sentito alla
sera. Nel crepitio del fuoco, parlare della Patria dopo aver narrato la
battaglia dei Cani Rossi.
Si
firmava Lupo Rosso Solitario e la sua solitudine era colmata dai canti,
dalle risa, dai Grandi Urli che da ogni parte d’Italia sempre più numerosi si
levavano.
Poi
il ritiro, il silenzio dignitoso tra mille difficoltà anche materiali, una vita
difficile sopportata con spirito inestinguibile. Ed ora a rompere questo
silenzio la fine dolorosa. Il compimento d’una strada che ha segnato tante
vite: tra esse la mia.
Permettetemi
di firmare ancora una volta, l’ultima, come ai suoi tempi di Akela.
Chil
della Rupe Solitaria
Fulvio Janovitz
(liberamente adattato da "Scout" - AGESCI - Giugno 1978
Il primo Akela d'Italia
di
Mario Sica
Fausto
Catani è stata una delle personalità che più profondamente hanno inciso nello
scautismo italiano del dopoguerra.
Entrato
nel Movimento a 13 anni nel 1922, ebbe il tempo di sentire il fascino della
figura di Mario di Carpegna [il primo capo scout dell'ASCI]. Nel 1925, data la
sua buona conoscenza delle lingue, fece da guida agli scouts degli altri Paesi
in occasione del Pellegrinaggio Internazionale per l’Anno Santo. E nel
1928-29, giovane ventenne, visse intensamente il trauma dello scioglimento e
il primo periodo clandestino, sostenendo assieme a Adriano Ruggi d'Aragona e
in dibattito con Mario Mazza —
che pure lo stimava — la poca opportunità di cercare di «scautizzare i
Balilla» come Mazza caldeggiava (è noto anche che Fausto si recò al Jamboree
di Arrowe Park nell’agosto del 1929, latore di una lettera di Mazza, ma anche
delle idee dei clandestini romani; e che gli ambienti del Bureau mondiale
incoraggiarono piuttosto l’atteggiamento di Mazza che quello dei
clandestini).
Queste
prime esperienze lo segnarono a tal punto che in embrione vi troviamo già il
Fausto Catani della ripresa dell'ASCI. Da Mario di Carpegna apprese la lezione
dello studio accurato delle fonti del metodo, cioè gli scritti di B.-P. e ne
completò l’opera (Mario aveva tradotto per primo lo "Scautismo per
Ragazzi") traducendo tre dei quattro testi principali, nonché la
biografia del Bastin.
Dal
suo servizio per l’Anno Santo derivò la sua passione per la dimensione
internazionale dello scautismo, che lo portò allo studio delle esperienze
straniere e alla partecipazione impegnata a Conferenze e raduni mondiali nel
periodo in cui tra il 1930 ed il 1935
resse anche i rapporti internazionali dell’ASCI (fu certamente il
dirigente più conosciuto in campo internazionale dopo Mario di Carpegna). E
contribuendo a ricostruire l’Associazione come responsabile della Branca
Lupetti, egli perseguiva un’intima rivincita sullo scioglimento del 1928.
É
difficile, oggi, renderci conto dello slancio, dell’entusiasmo e delle
speranze smisurate con cui i tre responsabili delle Branche, spesso insieme
anche al di fuori delle riunioni formali, si misero all’opera. «Nella fluida
situazione del dopoguerra in cui pur tra grandi difficoltà si aprivano anche
grandi possibilità, essi sacrificarono tempo riposo impegni — talora
persino la vita privata e professionale —
per gettare le basi dell’associazione». Essi sognano un vasto
movimento di giovani (e non li smonta la crisi post-ripresa: nel 1952 l’ASCI
tocca il suo punto più basso, 18.000 scouts).
«la giungla si ferma ai piedi dell’altare e del palo dell’alzabandiera»;
«il problema della disciplina nel Branco non esiste:parliamo invece della Famiglia Felice»;
«un buon Branco lo si sente ad almeno 200 m di distanza»;
«ogni
Akela ha il Baloo che si merita»; e così via.
In
quegli anni (e soprattutto dopo l’eclisse di Mazza nel 1950) la sua autorità
metodologica è — anche per i suoi contatti internazionali e per la sua
conoscenza del pensiero di B.-P. — forse maggiore di quella di qualunque
altro. A lui i Capi e Commissari, di ogni Branca, si rivolgono spesso per sapere
se la tal cosa «è o non è scautismo».
«Fratelli
Capibranco...»
Per
questo — pur lontano dallo scautismo attivo ormai da un ventennio se si
eccettua qualche lavoro editoriale sempre accurato e prezioso — Fausto Catani
era rimasto, sul piano personale, al centro di una rete di amicizie affettuose e
fedeli di persone delle più svariate parti d’Italia e dai caratteri più
diversi, che al di là del trascorrere degli anni continuavano a riconoscergli
un grosso debito di gratitudine per quella felicità che, come lupetti o come
Capi, egli aveva saputo dare alle loro vite.
Mario Sica
(liberamente adattato da "Scout" - AGESCI - Giugno 1978