Memoria
di
un prete assassinato
dalla
camorra per
difendere
la libertà del suo popolo
Il
19 marzo, giorno del suo onomastico, veniva ucciso dalla
camorra nel corridoio che dalla sacrestia porta alla chiesa don Giuseppe Diana,
mentre stava per iniziare la Messa.
Vengono
in mente don Puglisi, Oscar Romero, morti per aver voluto compiere fino in fondo
la loro missione, contrastando con la logica dell’amore e della ragione, la
violenza di chi impone un modo di vita che imbarbarisce la società umana.
Don
Peppe era nato nel 1938, e dall’89 era parroco di San Nicola a Casal di
Principe.
Era
uno scout, prima capo reparto dell’Aversa 1, poi assistente del gruppo,
impegnato in zona e in regione, assistente nazionale dei Foulards Blancs,
assistente generale dell’Opera pellegrinaggi Foulards Blancs.
Essere
prete e scout significavano per lui la perfetta fusione di ideali e di servizio.
Con questo spirito di servizio aveva intrapreso la lotta alla camorra che infesta la sua zona. Con lo scritto e la parola si era posto a capo della comunità parrocchiale e cittadina per il loro riscatto.
La
sua voce ora è divenuta un grido che scuote le coscienze.
«Dove
c e mancanza di regole, di diritto, — scriveva don Peppe — si affermano il
non diritto e la sopraffazione. Bisogna risalire alle cause della camorra per
sanarne la radice che è marcia. Una Chiesa diversamente impegnata su questo
fronte potrebbe fare molto. Dovremmo testimoniare di più una Chiesa di servizio
ai poveri, agli ultimi; dove regnano povertà, emarginazione, disoccupazione e
disagio è facile che la mala pianta della camorra nasca e si sviluppi».
E ancora:
«Come
pastori ci sentiamo le sentinelle del gregge e, se non sempre siamo stati vigili
e attenti, stavolta il coraggio della profezia e la coscienza profonda di essere
“lievito nella pasta” ci impongono di non tacere. Ai politici vecchi e nuovi
diciamo: “Non improvvisate più, non è possibile governare senza programmi,
senza un vera scuola di politica”.
Ai
giovani lanciamo l’invito di farsi avanti, di far sentire la propria voce e
partecipare al dialogo culturale, politico e civile della vita comunale.
Invitiamo infine i camorristi a tenersi in disparte, a non inquinare e affossare
ancora una volta questo nostro caro paese, che ormai ha bisogno solo di
Resurrezione».
Il
seme gettato nella terra muore, e dalla sua morte nasce tanto frutto: don Peppe
è il seme, le coscienze di tutti noi il frutto maturato dal suo sacrificio.
Abbiamo
seguito il suo cammino sino al luogo che accoglie il suo corpo, ma abbiamo
pregato anche per i suoi assassini, perché la nostra preghiera sia segno del
perdono cristiano che dobbiamo a chi ci ha strappato, in modo così violento, un
fratello. Ma il perdono non può essere diviso dalla giustizia, che vogliamo,
che pretendiamo, perché solo così si può ristabilire la pace dei cuori e del
vivere civile.
Buona
strada, Peppe.
Geppino Gioia,
in
"Proposta Educativa",
rivista dei capi Agesci , maggio 1994
di Raffaele Nogaro
vescovo di Caserta
Che gran morte, don Giuseppe. Grande come la vita gloriosa del Padre. Grande come tutta la redenzione dell’uomo.
Grazie, don Giuseppe. Hai ridato la trasparenza di Cristo alla nostra Chiesa.
Hai
riscattato il popolo di Dio che attendeva il sangue del martire per confermare
la sua fede.
Grazie, don Giuseppe, perché hai pagato da sacerdote del Signore.
La tua morte è un’esultanza di vita come quella di don Puglisi, come quella del tuo amato monsignor Romero. È quella vita nuova che porta il fervore della libertà a tutti gli oppressi.
Il tuo gesto è divino. Anche oggi gli uomini di Dio sanno morire perché tutte le genti abbiano la vita e l’abbiano pienamente.
Avevi
appena stilato il manifesto della rinascita “Per amore del mio popolo"
quando ti incontrai all’istituto “Mattei’ di Caserta, dove la
tua voce, contro le organizzazioni del crimine, era ferma e paterna, come quella
dl un profeta. Nella tua testimonianza avevo visto una Chiesa nuova, una Chiesa
non più compromessa con Il potere, una Chiesa di Cristo. Una Chiesa della
libertà e dell’amore.
Grazie, don Peppino, per la grazia infinita della vita che hai donato a me e al miei fratelli.
Non ti dimenticheremo più: sei il sacramento della nostra vittoria.
Sei la primavera dell’amore, che si diffonde stupenda sulla nostra terra.