UNA ÉLITE?
"Lo
Scautismo vuole formare una élite,
ma
una élite che si recluta nella massa
e
si costituisce lentamente, con la lentezza
stessa
della crescita umana"
Padre M.D. Forestier, "Scoutisme Route de liberté"
di Perig Geraud Keraod
Oggi
non vi è associazione scout che non rifiuti con indignazione l’accusa di
essere un movimento di élite. Anche noi saremmo tentati di fare altrettanto, ma
è bene fare qualche distinzione.
Le élites che ci vengono
proposte non riscuotono la nostra ammirazione. Molto spesso esse sono delle
selezioni per talento o per professione. Sono indifferenti alla qualità del
metallo umano. Non offrono alcuna garanzia nell’ordine dei valori umani
profondi. Invece l’acquisizione da parte dell’individuo di capacità
scientifiche o tecniche corrisponde a molto poco, se essa non va di pari passo
con la formazione del carattere, di una coscienza e di un senso disinteressato
del dovere.
Non ci sentiamo affatto in
comunione di sentimenti con le classi sociali alte che si sono formate, da molto
tempo, un mondo loro ed hanno conservato la secolare abitudine di non avere
nulla in comune con il popolo.
Non abbiamo, infine,
alcuna devozione particolare per la casta dei grandi politici e dei tecnocrati,
rinchiusi sulla contemplazione della loro superiorità intrinseca.
Il vizio che il Cristo
denunciava già nella classe dei farisei è il verme che corrompe tutte le élites,
è il peccato di orgoglio.
Noi crediamo
all’uguaglianza spirituale di tutti gli esseri umani: è un principio
fondamentale del cristianesimo che
non pretende né l’uguaglianza delle loro capacità, né l’uguaglianza della
loro efficienza. É l’opportunità uguale offerta a tutti gli uomini e a tutte
le donne di affermare personalmente il loro valore, nell’ordine dei loro fini
particolari, secondo i talenti ereditari e le grazie ricevute.
La formazione data nel
nostro scautismo non ha alcuna somiglianza al culto dell’orgoglio individuale
o collettivo. La Carta dello Scautismo Europeo ci propone la sobrietà, lo
spirito di povertà, il senso dell’umiltà (articolo 5). Il nostro metodo ci fa condividere la cucina trappeur con
i Gitani e ci obbliga a camminare a piedi con gli indigenti, i mendicanti e i «pedoni»
di tutte le epoche.
Essa ci insegna ad
accogliere ogni straniero come un uguale e come un fratello senza nessun
pregiudizio di lingua, razza o nazionalità.
Nulla, quindi, ci è più
estraneo dello spirito di casta. Nulla è più lontano dai nostri obiettivi
dell’idea di formare una classe dirigente. Il nostro scautismo ignora il
machiavellismo politico. Esso non risveglia la brama di potere. Esso rigetta, in
nome del Vangelo, l’orgoglio del comando.
Il movimento Guide e
Scouts d’Europa è incompatibile con
ogni forma di elitismo collettivo.
Ma non per questo lo
scautismo deve rinunciare ad essere ciò che è:
Si
predica, al giorno d’oggi, la permissività e la soppressione di certe
esigenze per evitare di mettere in circolazione dei giovani che rischierebbero
di essere esemplari in una società che non lo è. Ormai sono le mode che vanno
a rimpiazzare i modelli. Lo scautismo ha sempre preteso di voler lavorare per
innalzare la coscienza e la vita morale della gioventù. Se si mette in riga con
la grande massa, ha ancora ragione di esistere?
Sono tutti gli aspetti del
metodo e della vita scout che sono annullati come conseguenza di rinunciare a
rendere migliori i giovani per timore di far nascere in essi una o l’altra
forma di elitismo individuale. Un tale abbandono ci sembra particolarmente
desolante in un’epoca nella quale lo scautismo ben compreso appare come il
miglior antidoto contro questa profanazione di ogni cosa che rende volgare la
strada, la scuola, l’officina, l’ufficio e la televisione.
Gli Scouts e le Guide
sfuggono all’avvilimento delle nostre città perché lo scautismo li mette in
contatto abituale con le bellezze della creazione. Si può anche dire che al
campo e sulla strada essi sono immersi in un ordine sacrale poiché sono
invitati a vedere Dio ovunque presente nel mondo (articolo 6 della Legge).
Ferventi pellegrini dei luoghi magnifici della vita spirituale e della storia,
essi vi pongono il senso dell’onore, il rispetto della tradizione, il culto
degli eroi e dei santi. Essi ricevono un’ispirazione che li invita a superare
sé stessi nella donazione di sé.
Questa formazione scout e
cristiana vuole tagliare fuori i giovani dal loro ambiente di vita? Gli Scouts e
le Guide divengono estranei ai loro compagni di lavoro e di gioco? Sarebbe un
risultato deludente.
L’aspetto più originale
e più sconosciuto del metodo scout consiste precisamente nel lottare contro
questo pericolo di ripiegamento, proseguendo l’educazione dei giovani come un
lavoro di incarnazione nel mondo del reale.
Il campo piantato in piena
natura permette agli Scouts e alle Guide di ritrovare, senza pensarci, tutte le
loro radici. Esso apre loro sia le porte della natura che quelle della cultura
popolare. L’esplorazione del paese costituisce la migliore disciplina per far
conoscere ai giovani le collettività umane dalle quali sono nati e per dare
loro il gusto di servirle.
Il nostro scautismo non ha
la pretesa di creare lui stesso delle élites sociali. Il suo ruolo è di
suscitare e di formare i primi della
cordata, i testimoni dei valori più alti. Essi agiscono non attraverso la
presa del potere, ma attraverso un irraggiamento della loro vita privata e il
servizio dei loro fratelli. Infatti possono esistere popoli che aspirano a
salire: tutto dipende dai modelli che vengono loro messi davanti agli occhi.
Il nostro scautismo che
accoglie largamente nel suo seno ragazzi di ambienti popolari, si augura di
investire nel popolo il lievito che egli forma con i giovani che gli sono
affidati. È nell’ordine delle cose: il lievito non ha ragione di essere che
se esso penetra nella pasta.
Ma se gli Scouts e le Guide dovessero abbandonare le loro esigenze, la loro Legge, la fierezza della fede e la loro identità cristiana nella speranza di mescolarsi più intimamente alla vita del mondo, essi cesserebbero di essere dei testimoni di Gesù Cristo.
Il pane non lieviterebbe più.
La pasta non sarebbe più trasformata..
Una tale sconfitta sarebbe inaccettabile. Il mondo deve sapere in nome di chi i nostri giovani vogliono portargli la gioia e l'amore.
Potrebbe darsi che ci dicano: il lievito che fa lievitare il pane, il sale che nulla può rendere insipido, tutto ciò fa parte delle élites.
Noi
risponderemo: allora i nostri giovani devono essere così, ma senza saperlo,
come il lievito, come il sale, come il fuoco che purifica e come la rosa che si
schiude al sole.
Perig
Geraud Keraod,
in "Azimuth" n.22, aprile - giugno 1986
(rivista per Capi dell'Ass. italiana Guide e Scouts d'Europa cattolici
della F.S.E.)