FARE
MEMORIA
- don Sandro Crippa e don Andrea Ghetti - Baden -
«Novembre
è la stagione giusta per fare dei bilanci e per mettere in cantiere le attività
per l’anno a venire. San Martino è da sempre la data in cui la Comunità
Scout di
Soviore si ritrova, ma gli incontri
si erano interrotti con
la morte di don Sandro: quest’anno la
tradizione è ripresa e il 17 e 18 Novembre 2001 al Santuario di Soviore si sono
ritrovati, assieme alle loro famiglie, una ventina di amici e frequentatori
delle attività della Comunità; altri nell’impossibilità di
partecipare
hanno inviato la loro adesione.
La
preghiera comune e la Messa ci hanno aiutato a vivere con stile veramente
fraterno il nostro incontro durante il quale sono state ricordate le motivazioni
di origine della Comunità, partendo da una bella chiacchierata su Baden e don
Sandro (che riportiamo di seguito), è stato affermato il significato attuale
della sua presenza nel Centro
Studi [Baden - Powell ] attraverso le sue iniziative: le Routes
di Pasqua, Natale e l’accoglienza alle unità scout di passaggio al Santuario.
Nella mattinata di Domenica abbiamo esaminato il progetto della Route di Pasqua
2002 e altri per la prossima estate.
Il
pellegrinaggio alla tomba di don Sandro, nel cimitero di Monterosso, con la
lettura della poesia che abbiamo trovato appoggiata sotto alla croce è stato la
toccante e significativa conclusione della riunione in cui non sono naturalmente
mancati momenti di conviviale allegria».
(di
Medit, "Incontro
di San Martino", - Comunità di Soviore -, in
"Esperienze
e Progetti" n.139, Novembre - Dicembre 2001)
Intervento di VITTORIO CAGNONI
all'Incontro di San Martino 2001
della Comunità Scout di Soviore
Siamo qui per fare memoria.
Oggi, era dei computer, si usa spesso il termine memorizzare con
l’accezione di compiere un’azione che permetta di conservare, per tenere a
disposizione. Ma fare memoria ha anche il senso di ricordare per continuare, per
non dimenticare, per non deformare.
Allora partiamo col fare memoria.
Prima di tutto pensiamo agli scout che sono passati nelle file delle
diverse associazioni a cominciare dai primi scouts dell’ENELPI,
l’associazione scout istituita dai fratelli Andrea ed Antonio Fossati già nel
1914: vuol dire già 87 anni fa. Tenuto conto che all’epoca i più piccoli
avevano 11 anni e i più grandi 18 significa che nessuno è “più tra i
vivi”, ma che formano “la grande Jamboree del Cielo” come si
concepiva un tempo. Ed insieme a loro vi sono tanti Scouts Italiani e del mondo
intero.
Oggi vi sono però molti Scouts anziani, magari soli, magari malati,
magari in difficoltà, magari che si sono allontanati. Di loro:
chi si interessa più?
chi se ne occupa più?
chi se ne ricorda più?
E’ la contraddizione del nostro Scautismo:
grandi chiacchiere, infinità di riunioni, poca carità.
Eppure questi Scouts hanno contribuito all’evoluzione del Metodo, alla
diffusione dello Scautismo, al miglioramento della società, a camminare su una
strada di salvezza, ad aprire o tenere aperti i Gruppi nei quali siamo
“nati” o viviamo.
Capite allora quanto sia indispensabile fare memoria per
ringraziare e ricordare il loro insegnamento, per non commettere gli stessi
errori, per tramandare un ideale originario, un un ideale di vita, per
interessarsi a loro.
E non solo dimentichiamo le persone, ma dimentichiamo anche le cose basilari.
Non ci credete?
Ecco una curiosità: nessuno, per quanto mi compete, conosce l’origine
della Preghiera Scout! Eppure è una preghiera piena di significato ed ogni
Messa, ogni attività scout che si rispetti presume la recita di questa
preghiera.
Allora manteniamo questa tradizione, perché è un’occasione doverosa
per fare memoria, per pregare per chi ci ha preceduti, per chi è dimenticato,
per noi stessi. Infine perché il nostro incontro sia ispirato dallo Spirito sul
da farsi.
Per questo invito tutti ad alzarsi ed a recitarla facendo
attenzione alle parole:
Fa,
o Signore, che io abbia le mani pure,
pura
la lingua, puro il pensiero.
Aiutami
a lottare per il bene difficile
contro
Il male facile.
Impedisci
che io prenda abitudini che
rovinano
la vita.
Insegnami
a lavorare alacremente
e
a comportarmi lealmente
quando
Tu solo mi vedi
come
se tutto il mondo potesse vedermi.
Perdonami
quando sono cattivo,
aiutami
a perdonare coloro che non mi trattano bene.
Rendimi capace di aiutare gli altri quando ciò mi è faticoso.
Mandami le occasioni di fare un po’ di bene ogni giorno
per
avvicinarmi di più a Gesù.
Don Sandro e Baden fanno parte di coloro che ci hanno preseduti.
A chi hanno lasciato il testimone?
Oso di più: per quale motivo sono vissuti?
Visto che siamo ospiti di don Sandro, partiamo da una sua frase:
“Lo Scautismo è una prassi, non è una scienza, ma se lo ami prima
o poi ti metti a studiarlo. Questa è una delle motivazioni che Baden soleva
dare affinché soprattutto i Capi si facessero delle idee chiare sullo Scautismo
e sul suo funzionamento.”
Non è strano che questi due preti abbiano scelto come precisazione
proprio l’ “Innamorarsi dello Scautismo”?
Non si può fare tutto nella vita: analizziamo questa definizione solo da
un aspetto.
Tutti più o meno abbiamo avuto
un’esperienza di amore che parte da una scelta.
Don Sandro e Baden concepiscono questo “innamorarsi” benché ambedue,
con stili completamente diversi, sono due persone che sanno amare e ci hanno
insegnato come amare. Non certo in modo sdolcinato, anzi tutt’altro, ma in
modo concreto, amando i giovani.
Baden scrive: “Ci sono molte strade che conducono alla casa
del Padre: lo Scautismo cattolico si sforza, in umiltà e povertà, ad essere
una di esse. Ma occorre conoscerlo e viverlo intensamente”.
Egli incontra casualmente lo Scautismo durante le vacanze estive con i
suoi. Tornato a Milano cerca un riparto, gli dicono che è troppo vecchio, a 14
anni! Non demorde e riesce ad iscriversi. Poco dopo il fascismo chiude tutte le
Unità, ma lui continua nella clandestinità, per ben 17 anni, con le Aquile
Randagie. Per capire il gesto delle Aquile Randagie suggerisco un
paradosso: “Se adesso irrompessero dei fanatici che gridassero: chi afferma
di essere cristiano sarà ucciso all’istante, quanti di noi alzerebbero la
mano dicendo con decisione Io sono cristiano e sono pronto a morire?”
Riprendiamo il filo. Baden durante il periodo di seminario legge e studia
tutto quello che c’è ed incontra Capi esteri famosi per meglio approfondire
la conoscenza dello Scautismo, ma non fa solo quello: segue la sua vocazione con
un carisma Scout.
Don Sandro incontra lo scautismo nel 1963 da adulto, legge e studia tutto
quello che c’è. Diventa l’anima dei Foulards Bianchi [la Comunità
scout che presta il servizio agli ammalati, in particolare a Lourdes],
di cui stende la prima Carta di Comunità, ed Assistente ligure, propone una
spiritualità, ma non fa solo quello: segue la sua vocazione con un carisma
Scout.
Ambedue scelgono, come modo di vivere (notate bene: modo di vivere), lo Scautismo e lo seguono fino in fondo, fino alla morte avvenuta sulla strada per entrambi.
Pio XII sottolineando la validità dei valori umani del Metodo affermò:
“Lo Scautismo non è solo un metodo felicissimo, ma lo Scautismo
cattolico è spiritualità che crea un tipo di cristiano ed il compito di ogni
educatore è quello di dare alla vita dell’uomo un senso. Il senso che lo
Scautismo dà al giovane è profondamente cristiano”.
Tutti e due diventano giganti dello scautismo, ma di uno Scautismo che ha
la particolarità di essere quello del Fondatore, uno Scautismo ortodosso.
E lo riconosciamo nei loro motti “Ad fontes” per Baden e “Con
ostinato rigore” per don Sandro.
Perché tanta determinazione?
Immaginatevi Leonardo da Vinci se prima di completare la Gioconda vi avesse apportato tutte le modifiche suggerite dai vari criticoni: oggi al Louvre non ammireremmo quel quadro.
Trasferendo questo paradosso nel nostro ambito vediamo come tutti i “B.-P”
italiani non si pongano il problema di conoscere lo Scautismo, ma solo di
proporre il loro personale “scautismo”, lasciando poi l’associazione e i
problemi a quelli che rimangono.
Ancora Baden scrive: “ Lo Scautismo invece – e soprattutto lo
Scautismo cattolico – parte da una sua posizione chiara, precisa: lealtà
sacrificio, purezza, fortezza e presenta questi valori senza panacee o
manipolazioni e chiede al ragazzo un’accettazione totale. Non si fanno baratti
o concessioni. E’ una strada anche questa, non certo adatta agli stomachi
deboli o a personalità senza strutture interiori”.
Forestier nel suo libro "Scoutisme route de liberté" sentenzia:
“Lo Scautismo si propone come obiettivo di formare lo scout….per questo quando si presenta il ragazzo gli dice ‘Noi facciamo così, sei disposto?”.
E sullo stesso argomento riprende Baden: “Ecco (un aspetto) del
Metodo concreto scout: aver fiducia nelle capacità di dominio interiore del
ragazzo…..Mostrargli le vie della rinunzia: piccola o grande che sia: Lo Scout
non deve fumare. Vedi che ciò che a molti è lecito a te non è concesso:
accetti?’ Ed egli vi fisserà con uno sguardo fattosi luminoso e profondo:
Accetto. Ed allora il ragazzo si scopre di essere qualcuno quando forse per la
prima volta spezza con le sue mani il cerchio di una vita troppo comoda e perciò troppo banale e troppo inutile e si sente libero dominatore
del suo piccolo mondo. Già, essere qualcuno nella vita è uno dei termini
d’arrivo del metodo Scout”.
E sempre a proposito di scelta:
”Spesso siamo indecisi su quello che conviene fare nelle singole
situazioni, perché in realtà non abbiamo ancora deciso se convenga vivere e
per che cosa convenga vivere”
ci invita a riflettere don Giuseppe Angelini,
preside della facoltà di teologia di Milano.
Don Sandro e Baden ribadiscono che il compito tradizionale è quello di
tramandare uno Scautismo senza modificare minimamente il Metodo. La logica è
questa: lo Scautismo è questo, se cedi su una cosa, qualcun altro, senza
ricordarsi perché, cederà su un’altra cosa e nel breve giro di una
generazione tu presenterai non più vino, ma acqua con alcune gocce di vino.
Ci ricorda Baden: ”Ci sono molte dimore nella casa del Padre, ha
detto Gesù, lo Scautismo cattolico vuol essere una di queste dimore e
l’esperienza prova che molti fedeli discepoli del divino Maestro vi hanno
trovato il mezzo pratico per vivere più completamente la loro fede”.
“Mi hanno chiesto: ‘Ate, prete, che cosa ha dato lo Scautismo?’
Io ringrazio il Signore di avermelo fatto conoscere, perché prima di tutto mi
ha dato il senso della concretezza….arrivare subito al nocciolo delle cose.
Nella vita di campo quando devi realizzare, non ti perdi nelle frange delle
parole. Poi mi ha dato il senso del coraggio di ricominciare sempre da capo. Vi
sarà capitato, in piena notte un vento bestiale….si spacca la tenda e resti
sotto…ricominciare da capo e costruirti la tenda sotto la pioggia. E’ questo
senso delle cose e dell’avventura. Concepire la vita come avventura, ad
ventura, per le cose che verranno…”
Adesso
vi propongo la lettura di questo pezzo di un Capo Scout:
…..in fondo alla Via Moscova, lungo rettifilo di circa un
chilometro, scorgo una scura massa mobile che pare vada verso i giardini (…)
lo sguardo fisso lontano, aumento l’andatura…corro: quelli sono certo i
ragazzi a cui voglio dare l’addio!
…
Gli ultimi ragazzi del drappello marciano in grande disordine
chiacchierando e non mantenendo l’allineamento: ecco la disciplina
delle mie squadriglie! E per me quel disordine è un vivo dolore. A che hanno
servito tante raccomandazioni, tanti ammonimenti? E’ quella la lealtà dei
miei scouts? Perché la voce di un superiore non ricorda loro in quel momento
quale è il loro dovere, essi dimenticano disciplina e correttezza. Poveri miei
sacrifici, povere mie parole!
Raggiungo il drappello, passo oltre, li precedo al Collegio. All’altare
della chiesa, tutto ordine tutto pace, domando a Gesù in Sacramento di agire
come egli vuole.
Scendo in cortile. Allineati in buon ordine, stanno i miei scouts. Ma non
è questa la disciplina che voglio. Io e ognuno desidera una disciplina
spontanea, leale, conforme allo spirito di lealtà della nostra “Legge
scoutistica”, non una disciplina di occasione, variabile col variare del grado
di indulgenza dei superiori… Do loro il riposo e incomincio a parlare.
La mia commozione è profonda: non posso fissare nessuno, devo parlar
lentamente. E dico loro cos'è costata in sacrificio l’assiduità alle adunate
e alla preparazione delle stesse, e quant’è la mia disillusione per vedere
tanta indisciplina, per constatare così poco spirito scoutistico nel Riparto.
Dimostrata la incompatibilità fra il lavoro attento di alcuni e il nessun
profitto di tutti, concludo che, pur restando ancora l’amico degli scouts,
devo dare le dimissioni da capo - riparto, a meno che mi si trovi una ragione
che distrugga questa incompatibilità…levo dal bastone il segno di capo-riparto;
do ordine di lasciare che le squadriglie facciano istruzione
spontaneamente……Mi passa vicino una squadriglia di novizi. Bene allineati,
marciano all’ ordine del loro capo-squadriglia; quattro di loro
silenziosamente piangono; li fermo, spiego che resterò ancora il loro amico e
che, più per gli assenti che per gli scouts presenti, bisogna che rinunci ad
essere il capo riparto.
…Un capo squadriglia mi propone di far loro istruzione ancora per una
volta; ma non posso accettare. Certo oggi saranno obbedienti, ma non è la
disciplina in un giorno straordinario, non è il numeroso intervento di scouts
alle gite e alle cerimonie solenni che mi può par contento: disciplina e bontà
sono
virtù solo se accompagnate da lealtà.
…Prima
dello scioglimento li aduno nella chiesa e dico con loro delle preghiere. Di
solito rivolgo agli scouts alcune parole, ma questa volta non avrei detto nulla.
Nel
mentre però stavo recitando, con vivissima fede, la preghiera in comune e pensando al Salvatore presente sull’altare nell’Ostia
consacrata, ebbi un’ispirazione; allora mi alzai e dissi agli scouts: “Gesù
Cristo è giunto coi suoi sacrifici fino a morire sulla croce, sebbene gli
uomini non lo amassero e non lo riconoscessero per il Salvatore. Questo pensiero
che mi da il Signore è
un’ispirazione che certo riuscirà a farmi ricredere delle dimissioni date
poco fa: per seguire l’esempio del Salvatore che si è sacrificato anche per
quelli che non gli corrisposero, anche per quelli che non lo amano, perché
Cristo mi insegna coi fatti che non bisogna abbandonare il proprio posto anche
se i propri sacrifici non sono riconosciuti dai nostri stessi amici e non
ottengono un bene immediato, resterò certo ancora con voi!”
E riprendemmo la nostra preghiera….
Andrea
Fossati
Badate bene, questo risale al 2 Febbraio 1919!
Ripercorrendo in sintesi quanto detto:
Ø
Abbiamo avuto dei Capi prima di noi, di cui non ci ricordiamo
l’esistenza.
Ø
Esistono dei Capi che per varie ragioni noi non ricordiamo più.
Ø
Per il nostro servizio è necessario pregare, almeno ogni
giorno dobbiamo recitare la preghiera dello scout.
Ø
Due giganti ci hanno preceduto: don Sandro e Baden.
Ø
Hanno scelto lo Scautismo:
si sono innamorati
lo hanno studiato
lo hanno realizzato.
Ø
Ambedue ci insegnano ad amare, seppure con stili differenti.
Ø
Ambedue hanno asserito che lo Scautismo propone un modo di
vivere e che questo modo, che noi chiamiamo Scautismo, deve essere conosciuto e
proposto senza essere artefatto, ma come è in origine.
Oggi sta a noi con coraggio, concretamente, assumerci le nostre
responsabilità ed in libera coscienza continuare a proporlo seguendo il loro
esempio.
Termino ancora con un monito di Baden: ”Ci sono strade che dobbiamo
aprire: noi – forse – da soli, contro ogni disillusione o pessimismo:
dobbiamo precedere e procedere. Lo Scautismo cattolico d’Italia deve –
ripeto deve – prendere coscienza di una missione grandiosa e degna e santa.
Rivelare ai giovani le vie di una libertà che li renda uomini e cristiani”.
Vittorio Cagnoni
Lassù,
sulla collina, tra
il cielo azzurro e il mare con
l’erica l’agave
e il leccio, il
suo cuore riposa Sulle
torri merlate Il
gabbiano veglia. Le
rondini qui tornano, ripartono ritornano; il
tempo passa il
ricordo resta: sei
sempre con noi viandanti
per le vie del mondo. Quando
la tromba suonerà ci
rivedremo ancora e
saremo riuniti tutti
nell’eternità nell’attesa:
benedicici ancora . Con
infinita riconoscenza. Grazie.
Gianna
|
|