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Ricordando don Annunzio Gandolfi (1926 – 2009), Parroco, Assistente nazionale di Branca E nell’ASCI, direttore de l’Esploratore… e tanto altro ancora, queste sue parole.
Un utile sprone e riflessione anche per noi capi scout di oggi.
don Annunzio Gandolfi,
"Il coraggio di essere noi stessi",
in "Estote Parati" (rivista dei capi ASCI), 1969.
«Compito del capo è quello di aiutare i suoi ragazzi a scoprire il piano di vita preparato per ciascuno di essi dalla bontà di Padre e l'azione del Figlio, vivente nella storia quotidiana degli uomini [...].
Il
capo per ottenere nei suoi ragazzi questi risultati si serve di un metodo
particolare che si chiama scautismo.
E'
un metodo che sottolinea alcuni degli aspetti della educazione cristiana, quelli
più adatti a favorire l'incontro e la risposta a Gesù.
Altri
metodi tendono allo stesso fine ma con accentuazioni diverse, più adatte o più
accette ad altri ragazzi o più rispondenti a certi determinanti ambienti.
A
causa del diverso temperamento o del diverso condizionamento ambientale
(famiglia, scuola, ecc,) per alcuni ragazzi sarà preferibile un metodo mentre
per altri sarà più gradito e congeniale un altro.
Lo
scautismo quindi non può essere valido per tutti i ragazzi, né essere aperto a
tutte le esperienze, nel vano tentativo di accontentare tutti. I suoi limiti, ma
anche la sua forza, deriva dalla consapevolezza di essere e di voler rimanere UN
MEZZO, e come tale, ben caratterizzato, cioè con una fisionomia tipica. [...]
Il
riparto s'impegna verso uno scout che pronuncia la Promessa, a fargli compiere
una serie di esperienze, alcune molto divertenti, altre più dure ed
impegnative, per mezzo delle quali egli è aiutato a fare delle scoperte
molto importanti per la sua vita di oggi ed anche, di conseguenza, per
quella di domani.
Occorre
però che l'impegno sia serio e completo da una parte come dall'altra. Non si può
pretendere dal riparto solo ciò che è più piacevole e d'altra parte non
sarebbe onesto per il riparto proporre solo cose divertenti e non faticose (per
non correre magari il rischio di perdere qualcuno...!).[...]
In
altre parole, lo scautismo, con le sue attività, le sue tecniche, il suo
ambiente caratteristico ed i suoi comportamenti lo si può definire un mezzo, un
mezzo però importante perché caratterizza il nostro lavoro e finisce per
caratterizzare in qualche modo la formazione che proponiamo al ragazzo,
accentuandone alcuni aspetti più di altri. [...]
E'
proprio perché ci sono e ci possono essere altre strade, non dobbiamo aver
paura di essere noi stessi e di mantenere la nostra originalità. Se qualcuno
non gradisce questa originalità o la ritiene poco valida, ha e deve avere la
possibilità di scelta, così come deve esserci la possibilità di scegliere lo
scautismo genuino per chi gradisce questa strada. [...]
Se
è vero che come fine ultimo abbiamo quello dell'educazione cristiana, è anche
vero che alcuni dei mezzi da noi usati non sono solo mezzi ma anche fini
intermedi e quindi non facilmente rinunciabili. [...] Non sono attività
lasciate alla libera scelta del capo: la loro realizzazione non è legata alla
maggiore o minore opportunità, poiché non sono solo mezzi ma anche fini,
scopi, sia pure intermedi, del nostro lavoro. [...]
Se
noi in futuro rinunciassimo in parte o a tutti i nostri mezzi caratteristici ed
al nostro metodo non faremmo più scautismo, anche se continuassimo a fare, e
forse anche meglio se le modifiche fossero veramente motivate,
dell'educazione cristiana. Dovremmo però avere il coraggio di dire
che quello non è più lo scautismo, ma un metodo diverso, con un altro nome ed
altri mezzi. Non possiamo continuare a tirare lo scautismo come fosse di gomma,
con la convinzione che il suo nome possa servire a dare una paternità a
qualsiasi esperienza di educazione giovanile. [...]
Agli
altri, quelli che, sempre per ipotesi, volessero rinunciare alla uniforme, alla
vita all'aperto, alla Promessa, ecc. noi dovremmo consigliare altre strade,
altre associazioni che possano rispondere a quelle esigenze.
Io
credo che sarebbe un errore cadere nell'equivoco e nel compromesso, nel
tentativo di accontentare tutti nel nome dello scautismo [...] Questo discorso
deve esser proposto alla libertà del ragazzo (libertà di accettarlo tutto o di
non accettarlo) e secondo i parametri della sua età. Non è un discorso che
imponiamo senza libertà di scelta [...].
Noi
dovremmo continuare a fare lo scautismo così come ce l'ha insegnato "il
nonno", adeguandolo nei particolari mutabili, ai tempi ed al ragazzo di
oggi, ma senza travisarlo nei fini, siano essi gli intermedi o l'ultimo».
«In
un mondo anarchico nel quale la parola servizio, al contrario del Vangelo, è
divenuto sinonimo di abbassamento e di umiliazione, dove l’egoismo non viene
nascosto più come una tara ma viene glorificato come un principio e come la
virtù dei forti, la sola virtù! Lo scautismo realizza ancora questo paradosso
di volersi edificare sul servizio e sulla dedizione, di essere ambiziosi al
contrario, dei trafficanti del disinteresse, dei profittatori del sacrificio
personale».
padre
Jacques Sevin s.j.
Grazie ad Andrea P. per aver procurato la dedica scritta da don Nunzio