DONNA PRASSEDE
E IL PROGETTO EDUCATIVO...
Occorrono conoscenza del metodo e disponibilità al confronto per crescere bene i "nostri" ragazzi.
di Medit
Sono riconoscente a Gian Maria Zanoni che in un numero del 1999 della rivista "RS Servire" (1, 1999) sviluppa il suo editoriale partendo dalla descrizione che Manzoni fa di donna Prassede nei Promessi Sposi:
“Era donna Prassede una vecchia gentildonna molto inclinata
a far del bene (...) Per fare il bene bisogna conoscerlo; e, al pari di ogni
altra cosa, non possiamo conoscerlo che in mezzo alle nostre passioni, per mezzo
de’ nostri giudizi, con le nostre idee; le quali bene spesso stanno come
possono. Con l’idee donna Prassede si regolava come dicono che si deve fare
con gli amici: n’aveva poche, ma a quelle poche era molto affezionata. Tra le
poche, c’è n’era per disgrazia molte delle storte: e non eran quelle che le
fossero men care.
Le
accadeva quindi, o di proporsi per bene ciò che non lo fosse, o di prender per
mezzi, cose che potessero piuttosto far riuscire dalla parte
opposta...”
Oltre a riportarmi agli ormai remoti anni del liceo la
citazione
mi ha dato
molto da pensare, perché vi ho riscontrato dei tratti di carattere
che emergono in una situazione che accomuna tantissimi capi e travaglia buona
parte delle loro serate: la realizzazione del progetto educativo richiesta dalle
direttive associative Agesci. Da ciò il titolo di questo pezzo.
A
donna Prassede assomigliano quei capi che si accingono alla stesura comunitaria
di un “progetto educativo” contando
solo sul proprio vissuto personale, che è, per forza, limitato e non agevola,
avendolo come unico bagaglio, il
confronto e lo scambio d’idee ed attività con altri capi.
L’esperienza personale è solo il punto di partenza, quanto
più solida tanto più indispensabile, per l’acquisizione di quello che è
veramente necessario per intraprendere qualsiasi opera: un metodo.
Per essere Capi scout non basta dirsi educatori, occorre in primo luogo
essere, sentirsi o diventare scout. B.-P. per indicare il capo non usava il
termine educatore (in inglese: educator)
, ma preferiva “scout master” dove master sta
per esperto di..., maestro nel senso più amplio del termine.
D’altronde essendo il nostro compito non quello di fare delle attività scout,
ma di fare degli scouts, come
si potrebbe compierlo se non diventando dei maestri di Scautismo?
Lo Scautismo non è una scienza, ma se lo ami lo studi e con una buona
conoscenza di tecnica e metodo diventa possibile semplice il confronto con gli
altri capi, via via spingendo definitivamente donna Prassede fra i ricordi di
scuola.
Del titolo non ci rimane ora che il progetto educativo.
Lo Scautismo è fatto di semplici ed entusiasmanti certezze: il capo si
pone davanti ai ragazzi come un punto esclamativo e non come un
punto interrogativo. I troppi dubbi lasciamoli a chi vuole cambiare il mondo
partendo dall’alto, a noi serve ben altro bagaglio, di spirito, di stile, di
conoscenze.
Come tutto ciò si possa proporre a dei capi con una permanenza
in servizio che non supera i due o tre anni e che spesso non hanno provato ciò
che dovrebbero proporre ai ragazzi, non è facile da dire, ma io mi squilibrerei
a consigliare di ridurre le chiacchiere fra capi, stare di più con i ragazzi,
leggere B.-P......e fare meno progetti e più programmi, meno sociologia e più
Scautismo. E’ necessario
utilizzare tutti i mezzi che il
metodo ci offre, o forse sperimentarli dato che per molti potrebbero
essere proprio una novità, mettendo al centro
del nostro servizio i
ragazzi, senza lasciarsi sviare da falsi scopi o preoccuparsi di essere
controcorrente.
Dunque, zaino in spalla e
avanti; sicuri che a prendere questa strada forse si perde in tranquillità, ma
si guadagna in santità, rischiando infine di trovarsi in buona compagnia!
Medit