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Interroga i tuoi vecchi

 

le Aquile Randagie, 1935

 

don Giorgio Basadonna

 

 

Dietro di voi lasciate una traccia del vostro passaggio in questo mondo, che ve ne accorgiate o no, chiunque voi siate, o dovunque andiate, state lasciando dietro di voi una traccia. 

Altri la noteranno e potranno seguirla. 

Può essere una traccia che conduce al bene, oppure può portare fuori strada. 

Ciò dipende da voi … 

La vostra traccia è segnata da azioni, dalle frasi che dite e dalle parole che scrivete" 

Baden Powell

 

 

di don Giorgio Basadonna

INTERROGA I TUOI VECCHI...  

Così canta Mosè nel suo cantico quando sta avvicinandosi al Giordano alla fine del lungo cammino nel deserto: 

lui morì prima di entrare nella Terra promessa, ma vuole che il suo popolo non dimentichi l'amore con cui Dio li ha accompagnati, difesi, nutriti, nonostante le loro defezioni, i loro tradimenti (Es 32, 7). 

Così vorrei cantare io, ripensando il lungo cammino degli scout clandestini nel deserto di una dittatura e di una desolazione diventata via via più crudele e più mortale, ma terminata con la nuova terra, la terra della libertà.

Essere vecchi a un vantaggio! Siamo quelli che hanno visto ciò che altri non videro, e quindi ricordano cose, eventi, persone che è bene che anche altri conoscano, almeno per sapere un pezzo di storia, quei pezzi che sussistono ancora come radici da cui sono nati e nascono nuovi germi e nuovi frutti. 

Vedremo anche noi le grandi cose che Dio ha fatto incoraggiando, sostenendo, illuminando quegli scout di ieri perchè non cancellassero i doni ricevuti da lui.

Che io sia vecchio, è una cosa certa, che io conosca le Aquile Randagie è anche questo certo, ma è certo che io non sono stato uno di loro, ne aquila, nè tanto meno randagia! 

Ero, allora, un giovane seminarista protetto in quegli anni dal Concordato voluto da Mussolini che rispettava il clero e che si preparava a esserlo. Così fu che in seminario io ebbi la fortuna di leggere un libro ("galeotto fu il libro... !") che mi prese il cuore, la mente, e mi fece scoprire la ricchezza di un modo di vita al quale mi sentii subito legato, anzi nel quale ritrovai me stesso. Erano stati due miei compagni (che furono poi due preti scout, don Silvio Contini e don italo Pagani) a mettermi nelle mani il libro di Père Sevin, un gesuita francese fondatore degli Scouts de France. 

l titolo del libro era già un programma: "Tout droit".

Eravamo seminaristi studenti in teologia: era il 1942, saremmo diventati preti due anni dopo, e cominciammo a studiare lo scautismo, lo spirito scaut, e cercare di capire che cosa stava succedendo in Italia e perchè non c'era traccia di questi Boy Scout. 

Ci aiutava un po' il nostro professore di Bibbia, un grande maestro non solo come biblista ma come educatore, Enrico Galbiati, col quale potevamo scambiare qualche idea, senza troppa facilità perchè allora vigeva una grande divisione tra noi e i cosiddetti superiori. 

Per non dare nell'occhio e non procurare noie a nessuno, ci chiamavamo "Cavalieri di San Giorgio" e imparavamo alcune tecniche scout e cercavamo di vivere la spiritualità di quel metodo educativo che ci sembrava molto utile anche per noi.  

Fu poi nel 1945, a guerra finita, che attraverso don Ghetti fui coinvolto nell'ASCI e aiutai suo fratello Vittorio a riprendere i vecchi canti tradizionali nati durante il loro cammino clandestino. Lui cantava e io scrivevo le note, e facemmo nascere il primo canzoniere scout, i "Canti di mezzanotte".

Divenni assistente di un gruppo di Milano, il 5°, e arrivai fino a Roma in camion nel settembre 1945 per il primo campo nazionale del rinato scautismo italiano. Eventi avventurosi, fioritura di speranze allora accompagnate dalla presenza di alcuni vecchi scout americani, allora elementi dell'esercito di occupazione tra noi.

Evidentemente, ci fu anche la scoperta della Val Codera, il luogo dei campi clandestini delle Aquile Randagie, con tutta la ricchezza di una esperienza profonda e coraggiosa. 

Con molta vergogna, io cercavo di ascoltare i racconti degli anni ruggenti, l'eroismo di quelli che hanno perso la vita, le avventure incredibili, e il continuo discreto e forte cammino di chi si lasciava guidare da una Legge e una Promessa, da una fede cristiana incarnata nella visuale di un servizio e di una testimonianza, nell'insegnamento evangelico vissuto nelle stesse tracce della vita scout.

 

A me sembra che oggi questa storia vada tenuta viva, non per fare il monumento alle persone di ieri, ma per cogliere il senso della vita scout, il valore di ideali, di speranze, di desideri, di impegni, il coraggio di essere liberi cioè veri e pieni, nonostante difficoltà, ostacoli e pericoli... Oggi quegli anni dal '26 al '45 fanno parte di noi tutti, anche di chi in quegli anni non c'era, perchè hanno mostrato il fascino di una scelta che diventa la vita stessa, il fascino dello scautismo e la sua forza per riempire e rendere feconda una vita, il dono di Dio in quel momento tragico della storia italiana, ancora utile e prezioso per i giovani di oggi troppo spesso illusi di vivere re una vita libera e piacevole.

Non stiamo facendo una "commemorazione", quasi un bagno nel passato, ma stiamo leggendo dentro di noi, tutti noi, i vecchi e i giovani, le pagine più belle e più vere di noi stessi, stiamo leggendo quanto di grandioso palpita in noi e spesso ci tormenta vedendo ogni giorno una umanità calpestata, tradita e ingannata da proposte e da strutture, da abitudini e da sollecitazioni che svuotano il cuore e generano storie di morte, di egoismi, di violenze vissute come normali. Stiamo rivivendo momenti e passaggi che hanno ancora il sapore del sogno intuito nel buio di anni proibiti e realizzati senza paure e con la gioia di godere se stessi. "L'ASCI che un giorno il cuore ci rapì e tanta gioia ci donò così... si cantava allora, ed era vero, anche se qualcuno sperava di far tacere non solo il canto ma la forza di una esperienza.

Amici, e voi più  giovani, so che il nostro  tempo si presenta e si offre  senza più nessuna linea e nessuna traccia da seguire, e da ogni parte sentite affermare che si vive da grandi quando si cede ad ogni istinto, quando si scompare nel gruppo più forte, quando si contesta tutto senza sapere nè il perchè nè che cosa opporre di meglio, quando si deve essere uguali nel parlare, nel vestire, nel pensare cancellando ogni senso critico...

So che fate fatica a credere fino in fondo al valore dell'ideale cristiano vissuto da scout.

Allora: è tornato il  tempo del clandestino?

Bisogna essere ancora Aquile Randagie, bisogna nascondere il fazzolettone e il distintivo, bisogna far finta di essere come gli altri ragazzi e gli altri giovani? 

Bisogna spegnere l'ultimo fuoco di bivacco, bisogna dimenticare e ignorare le canzoni nate nei momenti più belli e più veri, bisogna ridurre la divisa a un fazzolettone dietro le spalle, a dei pantaloni a vita bassa, bisogna usare il linguaggio dominante dove ci sono solo parole di anatomia umana maschile e femminile, bisogna scambiare i campi con dei pic-nic?

Ieri, non si poteva raccontare agli altri la gioia del proprio essere scout, altrimenti si andava in galera o peggio, ma c'era la gioia di esserlo, di sentire palpitare nel cuore la grandezza di una storia sempre nuova, la fantasia di imprese e scelte generose e coraggiose, il gusto di sentirsi forti per aiutare chi più ha bisogno, fino a rischiare la vita (la famosa OSCAR!) Oggi non spegnete questa meravigliosa occasione offerta a voi come scout: non abbiate paura di farvi riconoscere scout e scout cristiani, raccontate le vostre esperienze caratteristiche, e farete nascere in qualcuno la voglia di una vita diversa, inventata da ciascuno e non da altri. Fate scoprire quella immensa ricchezza nascosta in ogni persona umana e cioè il sigillo del Creatore, il sogno dell'infinito e dell'eterno che colora e riempie il limite quotidiano, e apre su orizzonti luminosi e senza confini.

Oggi urge il coraggio di coerenza, di lealtà, di difesa dei valori fondanti della vita umana e della convivenza sociale. 

Oggi urge il coraggio di non nascondersi nel segreto della coscienza rendendo la fede un fatto intimistico, ma di affermare e sostenere e difendere la dignità dell'uomo, di ogni uomo e di tutti gli uomini. 

Oggi urge il coraggio di fare le scelte più importanti e quelle quotidiane in armonia con gli ideali di allora, senza temere il giudizio altrui, anzi offrendo ad altri la forza e la gioia di godere tutto quello che siamo e non tradire la propria identità cristiana.

Oggi non c'è il pericolo di perdere la vita materiale, ma di perdere la ricchezza e la pienezza di quanto sappiamo e crediamo, il pericolo di perdere la vita spirituale, cioè la sorgente perenne del nostro vivere.

Vorrei riportare qui alcune frasi di don Ghetti, il nostro Baden, a vent'anni dalla rinascita dello scautismo in Italia: 

"contro l'arrivismo politico, contro l'interesse, oggi essere onesti vuol dire avere idee chiare e il coraggio della coerenza pagando di persona.. Questa libertà che vi hanno lasciato i fratelli maggiori morendo e soffrendo è una cosa grande".

Forse è giusto, o almeno cosi pare a me, tornare a cantare gli antichi canti nati nelle serate clandestine in Val Codera,disegno ARDA canti che erano brani di vita, di sofferenza per il presente, e pieni di speranze, promesse, scommesse sul futuro di se stessi. "La luna delle vette" fa nascere un canto che "lontano porta i cuori e fa sognar, sognar lontani dì, l'antica libertà, del tempo che gia fu, del tempo che sarà! ...non morirà mai più la fiamma che ravviva la nostra gioventù!"

Siamo noi, oggi, siete voi i custodi di quella fiamma, i continuatori di quei sogni generati e difesi con tanta pena e tanto coraggio anche da chi ha perso la vita interrotta dalla violenza fratricida.

Siamo noi a offrire ai ragazzi di oggi il fascino e il richiamo della "lunga lunga traccia verso la terra del sogno, la lunga lunga attesa fin che il sogno si avveri, fino al dì ch'io possa andare per la lunga strada con Te!"

…E "TE” si riferisce a Dio. 

E' Lui che garantisce la bontà della strada, è Lui che sostiene il lungo cammino, è Lui che apre nuove tracce e segna nuovi orizzonti. 

E' Lui che cammina con noi.  

Don Giorgio Basadonna

“Il volo delle Aquile Randagie”.

Cinisello Balsamo, 11 giugno 2005.

 

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