Interroga
i tuoi vecchi
“Dietro
di voi lasciate una traccia del vostro passaggio in questo mondo, che ve
ne accorgiate o no, chiunque voi siate, o dovunque andiate, state
lasciando dietro di voi una traccia.
Altri
la noteranno e potranno seguirla.
Può
essere una traccia che conduce al bene, oppure può portare fuori
strada.
Ciò dipende da voi …
La
vostra traccia è segnata da azioni, dalle frasi che dite e dalle parole
che scrivete"
Baden
Powell |
di
don
Giorgio Basadonna
INTERROGA
I TUOI VECCHI...
Così
canta Mosè nel suo cantico quando sta avvicinandosi al Giordano alla fine del
lungo
cammino
nel deserto:
lui morì prima di entrare nella Terra promessa, ma vuole che il
suo popolo non
dimentichi
l'amore con cui Dio li ha accompagnati, difesi, nutriti, nonostante le loro
defezioni, i loro
tradimenti
(Es 32,
7).
Così
vorrei cantare io, ripensando il lungo cammino degli scout clandestini nel
deserto
di una dittatura e di una desolazione diventata via via più crudele e più
mortale, ma
terminata
con la nuova terra, la terra della libertà.
Essere
vecchi a un vantaggio! Siamo quelli che hanno visto ciò che altri non videro, e
quindi
ricordano
cose, eventi, persone che è bene che anche altri conoscano, almeno per sapere
un pezzo di
storia,
quei pezzi che sussistono ancora come radici da cui sono nati e nascono nuovi
germi e nuovi
frutti.
Vedremo anche noi le grandi cose che Dio ha fatto incoraggiando, sostenendo,
illuminando
quegli scout di ieri perchè non cancellassero i doni ricevuti da lui.
Che
io sia vecchio, è una cosa certa, che io conosca le Aquile Randagie è anche
questo certo,
ma
è certo che io non sono stato uno di loro, ne aquila, nè tanto meno randagia!
Ero, allora, un
giovane
seminarista protetto in quegli anni dal Concordato voluto da Mussolini che
rispettava il clero
e
che si preparava a esserlo. Così fu che in seminario io ebbi la fortuna di
leggere un libro ("galeotto fu
il
libro... !") che mi prese il cuore, la mente, e mi fece scoprire la
ricchezza di un modo di vita al quale
mi
sentii subito legato, anzi nel quale ritrovai me stesso. Erano stati due miei
compagni (che furono
poi
due preti scout, don Silvio Contini e don italo Pagani) a mettermi nelle mani il
libro di Père Sevin,
un
gesuita francese fondatore degli Scouts de France.
l titolo del libro era già
un programma: "Tout
droit".
Eravamo
seminaristi studenti in teologia: era il 1942, saremmo diventati preti due anni
dopo, e
cominciammo
a studiare lo scautismo, lo spirito scaut, e cercare di capire che cosa stava
succedendo
in
Italia e perchè non c'era traccia di questi Boy Scout.
Ci aiutava un
po' il
nostro professore di Bibbia,
un
grande maestro non solo come biblista ma come educatore, Enrico Galbiati, col
quale potevamo
scambiare
qualche idea, senza troppa facilità perchè allora vigeva una grande divisione
tra noi e i
cosiddetti
superiori.
Per non dare nell'occhio e non procurare noie a nessuno, ci
chiamavamo
"Cavalieri
di San Giorgio" e imparavamo alcune tecniche scout e cercavamo di vivere la
spiritualità di
quel
metodo educativo che ci sembrava molto utile anche per noi.
Fu
poi nel 1945, a guerra finita, che attraverso don Ghetti fui coinvolto nell'ASCI
e aiutai suo
fratello
Vittorio a riprendere i vecchi canti tradizionali nati durante il loro cammino
clandestino. Lui
cantava
e io scrivevo le note, e facemmo nascere il primo canzoniere scout, i
"Canti di mezzanotte".
Divenni
assistente di un gruppo di Milano, il 5°, e arrivai fino a Roma in camion nel
settembre 1945
per
il primo campo nazionale del rinato scautismo italiano. Eventi avventurosi,
fioritura di speranze
allora
accompagnate dalla presenza di alcuni vecchi scout americani, allora elementi
dell'esercito di
occupazione
tra noi.
Evidentemente,
ci fu anche la scoperta della Val Codera, il luogo dei campi clandestini delle
Aquile
Randagie, con tutta la ricchezza di una esperienza profonda e coraggiosa.
Con
molta
vergogna,
io cercavo di ascoltare i racconti degli anni ruggenti, l'eroismo di quelli che
hanno perso la
vita,
le avventure incredibili, e il continuo discreto e forte cammino di chi si
lasciava guidare da una
Legge
e una Promessa, da una fede cristiana incarnata nella visuale di un servizio e
di una
testimonianza,
nell'insegnamento evangelico vissuto nelle stesse
tracce della vita scout.
A
me sembra che oggi questa storia vada tenuta viva, non per fare il monumento
alle persone
di
ieri, ma per cogliere il senso della vita scout, il valore di ideali, di
speranze, di desideri, di impegni,
il
coraggio di essere liberi cioè veri e pieni, nonostante difficoltà, ostacoli e
pericoli... Oggi quegli anni
dal
'26 al '45 fanno parte di noi tutti, anche di chi in quegli anni non c'era,
perchè hanno mostrato il
fascino
di una scelta che diventa la vita stessa, il fascino dello scautismo e la sua
forza per riempire e
rendere
feconda una vita, il dono di Dio in quel momento tragico della storia italiana,
ancora utile e
prezioso
per i giovani di oggi troppo spesso illusi di vivere re una vita libera e
piacevole.
Non
stiamo facendo una "commemorazione", quasi un bagno nel passato, ma
stiamo leggendo
dentro
di noi, tutti noi, i vecchi e i giovani, le pagine più belle e più vere di noi
stessi, stiamo leggendo
quanto
di grandioso palpita in noi e spesso ci tormenta vedendo ogni giorno una umanità
calpestata,
tradita
e ingannata da proposte e da strutture, da abitudini e da sollecitazioni che
svuotano il cuore e
generano
storie di morte, di egoismi, di violenze vissute come normali. Stiamo rivivendo
momenti e
passaggi
che hanno ancora il sapore del sogno intuito nel buio di anni proibiti e realizzati senza paure
e
con la gioia di godere se stessi. "L'ASCI che un giorno il cuore ci rapì e
tanta gioia ci donò così... si
cantava
allora, ed era vero, anche se qualcuno sperava di far tacere non solo il canto
ma la forza di una
esperienza.
Amici,
e voi più giovani,
so che il nostro tempo
si presenta e si offre senza
più nessuna linea e
nessuna
traccia da seguire,
e
da ogni parte sentite
affermare
che si vive da
grandi
quando si cede ad
ogni
istinto, quando si
scompare
nel gruppo più
forte,
quando si contesta
tutto
senza sapere nè il perchè
nè che cosa opporre
di
meglio, quando si deve
essere
uguali nel parlare,
nel
vestire, nel pensare
cancellando
ogni senso
critico...
So che fate fatica a
credere
fino in fondo al
valore
dell'ideale cristiano
vissuto
da scout.
Allora:
è tornato il tempo
del clandestino?
Bisogna
essere ancora
Aquile
Randagie, bisogna
nascondere
il fazzolettone e il distintivo, bisogna far finta di essere come gli altri
ragazzi e gli altri
giovani?
Bisogna spegnere l'ultimo fuoco di bivacco, bisogna dimenticare e ignorare le
canzoni nate
nei
momenti più belli e più veri, bisogna ridurre la divisa a un fazzolettone
dietro le spalle, a dei
pantaloni
a vita bassa, bisogna usare il linguaggio dominante dove ci sono solo parole di
anatomia
umana
maschile e femminile, bisogna scambiare i campi con dei pic-nic?
Ieri,
non si poteva raccontare agli altri la gioia del proprio essere scout,
altrimenti si andava in
galera
o peggio, ma c'era la gioia di esserlo, di sentire palpitare nel cuore la
grandezza di una storia
sempre
nuova, la fantasia di imprese e scelte generose e coraggiose, il gusto di
sentirsi forti per aiutare
chi
più ha bisogno, fino a rischiare la vita (la famosa OSCAR!) Oggi non spegnete
questa meravigliosa
occasione
offerta a voi come scout: non abbiate paura di farvi riconoscere scout e scout
cristiani,
raccontate
le vostre esperienze caratteristiche, e farete nascere in qualcuno la voglia di
una vita
diversa,
inventata da ciascuno e non da altri. Fate scoprire quella immensa ricchezza
nascosta in ogni
persona
umana e cioè il sigillo del Creatore, il sogno dell'infinito e dell'eterno che
colora e riempie il
limite
quotidiano, e apre su orizzonti luminosi e senza confini.
Oggi
urge il coraggio di coerenza, di lealtà, di difesa dei valori fondanti della
vita umana e
della
convivenza sociale.
Oggi urge il coraggio di non nascondersi nel segreto della
coscienza
rendendo
la fede un fatto intimistico, ma di affermare e sostenere e difendere la dignità
dell'uomo, di
ogni
uomo e di tutti gli uomini.
Oggi urge il coraggio di fare le scelte più
importanti e quelle
quotidiane
in armonia con gli ideali di allora, senza temere il giudizio altrui, anzi
offrendo ad altri la
forza
e la gioia di godere tutto quello che siamo e non tradire la propria identità
cristiana.
Oggi
non c'è il pericolo di perdere la vita materiale, ma di perdere la ricchezza e
la pienezza
di
quanto sappiamo e crediamo, il pericolo di perdere la vita spirituale, cioè la
sorgente perenne
del
nostro vivere.
Vorrei
riportare qui alcune frasi di don Ghetti, il nostro Baden, a vent'anni dalla
rinascita
dello
scautismo in Italia:
"contro l'arrivismo politico, contro l'interesse, oggi
essere onesti vuol dire
avere
idee chiare e il coraggio della coerenza pagando di persona.. Questa libertà
che vi hanno
lasciato
i fratelli maggiori morendo e soffrendo è una cosa grande".
Forse
è giusto, o almeno cosi pare a me, tornare a cantare gli antichi canti nati
nelle serate
clandestine
in Val Codera, canti che erano brani di vita, di sofferenza per il presente, e
pieni di
speranze,
promesse, scommesse sul futuro di se stessi. "La luna delle vette" fa
nascere un canto che
"lontano
porta i cuori e fa sognar, sognar lontani dì, l'antica libertà, del tempo che
gia fu, del tempo
che
sarà! ...non morirà mai più la fiamma che ravviva la nostra gioventù!"
Siamo
noi, oggi, siete voi i custodi di quella fiamma, i continuatori di quei sogni
generati e
difesi
con tanta pena e tanto coraggio anche da chi ha perso la vita interrotta dalla
violenza
fratricida.
Siamo noi a offrire ai ragazzi di oggi il fascino e il richiamo della
"lunga lunga traccia
verso
la terra del sogno, la lunga lunga attesa fin che il sogno si avveri, fino al dì
ch'io possa andare
per
la lunga strada con Te!"
…E
"TE”
si riferisce a Dio.
E' Lui che garantisce la bontà della strada, è Lui che
sostiene il
lungo
cammino, è Lui che apre nuove tracce e segna nuovi orizzonti.
E' Lui che
cammina con noi.
Don
Giorgio Basadonna
“Il
volo delle Aquile Randagie”.
Cinisello
Balsamo, 11 giugno 2005.