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Jamboree della Pace

- Moisson (Francia) 1947 - 

disegno Pierre Joubert

 

 

In ricordo di don Nunzio

 

 

Rileggere queste righe scritte da don Annunzio in ricordo del Jamboree della Pace a Moisson (Francia - 1947), ci aiuta a rivivere e a meglio comprendere lo spirito originale e più genuino della Fraternità scout e della sua espressione nel Jamboree...

La guerra era finita da circa due anni, e tra le rovine e le divisioni che ancora dividevano l'animo dei popoli che si erano combattuti con immane violenza, lo Scautismo proponeva il Jamboree di fraternità Per le strade di Francia, Scout italiani e Scout tedeschi, figli dei nemici di ieri, abbracciavano e incontravano i fratelli d'Europa e del Mondo...

Zeb

 

di don Annunzio Gandolfi

 

Gli uomini non sembrano più capaci di comprendersi e di volersi bene (domando scusa ai lettori, Intendo parlare in generale dei popoli, non inJamboree 1947, foto R. Manson particolare dei singoli), l’interesse, l’orgoglio li divide. 

I ragazzi al contrario con la generosità naturale della loro età, se bene indirizzati, sono ancora capaci di annullare qualsiasi distanza od ostacolo e di darsi la mano. 

Ma non vorrei annoiarvi con dei fastidiosi ragionamenti che potrebbero benissimo essere tacciati di retorica se non fossero convalidati dai fatti. I fatti ci vogliono, ed io vi porto i fatti. (... ) 

Jamboree: è una parola strana, ma basta pronunciarla per vedere luccicare di entusiasmo gli occhi di tutti gli esploratori di vostra conoscenza. 

Pensate, è una parola indiana e vuol dire ‘Riunione di tutte le tribù. 

Perbacco, è proprio uno di quei parolini che stanno molto molto in alto nella scala del gergo scautistico, e non potrebbe essereJamboree 1947 - Foto R. Manson altrimenti... 

Dunque, riunione di tutte le tribù: beh... , voi comprendete bene che non si possono riunire insieme diversi milioni di esploratori, quanti essi sono nel mondo, ma una buona rappresentanza, questo sì. 

Ogni quattro anni lo scautismo mondiale proclama il jamboree affinché gli scout filippini si possano trovare insieme con i norvegesi, i brasiliani con i greci, gli esquimesi con i neri e così via in un caleidoscopico raduno di razze, linguaggi e usanze. 

Esagerato! direte voi... 

No! è verità: ho visto con questi miei occhi il jamboree “della Pace” tenuto nel 1947in Francia. 

Immaginate, sulla riva della Senna, una città tutta di tende, grande come Bologna entro i viali di circonvallazione. 

Una vera città con il tram, i teatri, i mercati e l’arena, una città con il suo giornale quotidiano, i telefoni, la stazione ferroviaria (12 binari), il porto e... l’aeroporto. 

Tutto ciò sorto come per incanto a 40 km da Parigi, in mezzo ad un bosco, uno di quei boschi come ve ne sono ancora in Francia, dove non c’è necessità di coltivare tanto terreno. 

Potrebbe davvero sembrare una favola il parlare di una grande città sorta per venti giorni in mezzo ad un bosco e governata dal più semplice e breve codice del mondo: la legge scout (che è di 10 articoli) e abitata dalla più cosmopolita e multicolore popolazione, composta di quarantamila ragazzi neri, bianchi, gialli e rossi, venuti da ogni parte del mondo per vivere alcuni giorni insieme ed imparare a conoscersi e a volersi bene. 

Tutti ragazzi, tutti scout: scout il fornaio e il pompiere, scout lo spazzino e il poliziotto addetto alla circolazione dei veicoli. 

Il tutto sullo sfondo delle più svariate usanze, specialità e note ambientali più caratteristiche dei popoli e delle nazioni di questo mondo, messe in mostra ed in comune: minareti e tende indiane, tukul africani e gondole veneziane, poncho argentini e... tagliatelleuno dei numeri del giornalino del Jamboree 1947 bolognesi. 

Una favola? No, una realtà come le tagliatelle sopraddette. 

Ecco, anche a me, o per meglio dire a noi, sinceramente sembrava un po’una favola, quando un anno prima incominciammo a prepararci e a preparare... le tagliatelle per far ben figurare “la dotta e la grassa”, ma poi dovemmo arrenderci all’evidenza delle difficoltà tattiche che superavano addirittura la nostra immaginazione e aspettativa. Ho detto noi perché bolognesi eravamo 8 di cui 5 del sedicesimo riparto.

uno scout francese, foto B. Agosta  Ora vi dovrei raccontare come vivemmo in quei giorni, le grandi manifestazioni folkloristiche, le visite e gli scambi di oggetti; vi dovrei raccontare come i negri erano i più ricercati per essere invitati a pranzo, e come uno di noi fu tra i vincitori del grande gioco della fraternità, ma, mea culpa, ho già consumato tutto lo spazio riservatomi. 

Come debbo fare? Ecco, riassumo tutto in una parola che poteva ben dirsi la regolatrice di ogni attività di quella meravigliosa metropoli di tela: “fraternità”. 

Dopo venti giorni quasi d’incanto come era sorta, la città é sparita da quel bosco, ma è rimasta nel cuore di ognuno dei suoi abitanti che, sparsi verso ogni punto cardinale, hanno portato con sé la nostalgia di quei giorni e la sincera convinzione che per la felicità di tutti è necessario, indipendentemente dal colore della pelle o dal diverso parallelo d’abitazione, volersi bene anche in quell’altra grande città che si chiama mondo.

Annunzio

  Articolo pubblicato sul 

"Fascicolo commemorativo per il primo quinquennio del gruppo Bologna XVI" 

(ASCI), 1950

Ringraziando Attilio Gardini - Boa Imprudente, per averlo scansionato e per avermelo inviato

 

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