«Erano forti e non si sono lasciati intimidire! Anzi affermarono con convinzione: "Noi dureremo un giorno in più del fascismo". Non saremmo qui a parlarne se l'avessero detto per spavalderia ed
avessero perso. Loro ci sono riusciti! […] Lo spirito di servizio, l'amore per il prossimo, le qualità dello Spirito Scout, quel "Sul mio onore prometto..." sono più forti della pusillanimità e si trasformano in gesti eroici e concreti. Quando serve, si serve e si dice "Sì!". Un "Sì!" totale senza riserve. Anche se questo significa correre il rischio di uscire dalle ciminiere di un campo di concentramento, di essere torturati ed uccisi. E non si guarda in faccia a chi chiede aiuto. Si aiuta e basta! E si salva anche il nemico. Sì anche il nemico perché l'attenzione di OSCAR è rivolta all'uomo,
all'amore per l'uomo! La fedeltà alla Promessa, compiere il mio dovere verso Dio, lo avete già intuito, è fedeltà al comandamento: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua
anima e con tutta la tua mente" ed "Amerai il prossimo tuo
come te stesso" di conseguenza amare l'uomo anche se nemico. Non belle parole, ma fatti! Ed allora spero capirete la differenza di essere qui a 66 anni di
distanza a riassumerne in due parole eventi che allora nessuno sapeva
quanto sarebbero durati e che entità fosse il rischio». |
Lo scorso 21 febbraio 2009 si è tenuto a Bologna un incontro tra gli scout e le Aquile Randagie Giovanni Barbareschi e Mario Isella - Bufalo.
Vi
hanno partecipato scout di cinque diverse associazioni (FSE, AGESCI, MASCI,
CNGEI e la “nuova”
A.E.G.I .- ASCI, Associazione Esploratori e Guide d’Italia)
Chi pensa che recarsi ad un incontro con le Aquile Randagie significhi ascoltare due simpatici vecchietti che raccontano le loro peripezie giovanili si sbaglia, e non sa di quanto!
Lo
ammetto, forse anch’io mi aspettavo qualcosa di simile… mi aspettavo di
sorridere ai racconti “di quando noi da
giovani…” e scoprire qualcosa di più sulla vita randagia e ribelle di
quegli uomini, ma così non è stato…
L’incontro,
al quale hanno partecipato circa 600 scout di 5 diverse associazioni, si è
aperto con una attenta presentazione di chi erano le Aquile Randagie:
interessanti filmati ci hanno fatto attraversare 20 anni di storia d’Italia
soffocata dalla dittatura e allo stesso tempo piacevoli montaggi di immagini,
filmati e registrazioni ci hanno mostrato un gruppo di ragazzi che, bisognosi di
ossigeno, rimasero fedeli alla propria legge.
Ma
le Aquile Randagie sono state anche di più: con l’entrata nella guerra
mondiale e successivamente l’inizio della Guerra Civile, nel Nord Italia
questi giovani sono stati chiamati ad una “opera attiva”, impegnandosi nella
fondazione dell’O.S.C.A.R. (Opera Scoutistica Cattolica Aiuto Ricercati) e
aderendo o promuovendo altre iniziative di libertà distinguendosi per il
rifiuto della violenza e la dedizione nell’ aiutare il prossimo, chiunque egli
fosse, in ogni circostanza. Impressionanti i numeri prodotti da questo gruppo:
2116 espatri a buon fine (più altri finiti tragicamente) oltre 3000 documenti
falsi prodotti e decine di migliaia di copie, forse 500.000, di pubblicazioni
clandestine distribuite… Qualcosa di ben diverso da un gioco.
Tutto di certo molto interessante, ma cose che possono essere lette sui libri, e noi è per altro che ci eravamo mossi dalle Marche, dalla Toscana, dal Veneto ..e dalla Sicilia!
Il
motivo per cui eravamo tutti lì era per sentire la storia raccontata da chi
l’ha scritta e non solo sui libri!
Nell’ascoltare
la parola agli anziani Mario Isella – Bufalo -
e monsignor Giovanni Barbareschi (le due Aquile Randagie presenti) ha
subito preso il sopravvento la curiosità dei presenti: è stato loro chiesto
come si facesse ad entrare nelle Aquile Randagie e come facessero per procurarsi
il materiale di cui avevano bisogno, attendendosi risposte che parlassero di
avventure, di peripezie e di atti di eroismo: le risposte quasi annoiate sono
state invece “divenni Aquila Randagia andando all’oratorio” e “procurarsi
il materiale? Bhé, ce lo portavamo con lo zaino!”…
Quale
delusione, penserà qualcuno… speravamo di incontrare degli eroi ed invece…
Ma
la realtà è molto differente da questa… quei due uomini ci hanno insegnato
che per le Aquile Randagie (e per ogni eroe) non erano degni di nota gli
ostacoli superati con difficoltà ma le mete raggiunte con sforzo.
La meta di cui ci ha parlato in particolare don Giovanni Barbareschi è stata la Verità!
“la verità volevo conquistarla” ci racconta “possederla, farla mia, volevo che fosse la conclusione di un mio ragionamento.
Cercavo
l’evidenza ... e invece la verità è e sarà sempre mistero.”
Quando credi di aver sentito abbastanza e di avere tante cose su cui riflettere succede quello che non ti aspetti:
eravamo
tutti lì per parlare delle Aquile Randagie, per scoprire il passato, e invece
quei due signori hanno cominciato a parlare di noi e a riempirci di domande…
“Dov’è la vostra libertà”
ci han chiesto “pensate forse di essere liberi?”
Ci hanno parlato di una “dittatura con guanti di velluto”, che si nasconde in ognuno di noi... dietro al desiderio del quieto vivere o la ricerca del successo,
“Il fascismo è una mentalità nella quale la verità non è amata e servita perché verità, ma è falsata. ridotta, tradita, resa strumento per i propri fini personali o del proprio gruppo o del proprio partito.
E’ una mentalità nella quale teniamo più all’apparenza che all’essere, amiamo ripetere frasi imparate a memoria, non personalmente assimilate, e gridarle tutti insieme, quasi volendo sostituire l’appoggio del mancato giudizio critico con l’emotività di un’adesione psicologica, fanatica.”
Quei due giovanotti (sì sì, giovanotti, con molte primavere alle spalle ma più giovani di me!) ci han confessato che la “nuova società” che allora sognavamo non è affatto quella esistente oggi e ci hanno lanciato una sfida:
quella di affrancarci da questo mondo che ci manipola, di ribellarci e cambiare questo mondo che ci opprime, invitandoci ad essere “ribelli”, come fecero le Aquile Randagie!
Ma come si fa ad essere Aquile Randagie?
Cercando la libertà, chiedendosi ogni sera se le nostre scelte sono state realmente “nostre” scelte pienamente libere o frutto di un condizionamento, conseguenza di una situazione:
“solo se
avremo un nostro pensiero che applichiamo alle diverse situazioni saremo uomini
liberi, finché invece cercheremo di trarre dalle situazioni una nostra idea
saremo sempre schiavi degli accadimenti”.
Cambiare: si può?
La
risposta è stata: si deve!
Uno scout ed un cristiano non può che essere un ribelle che ha il coraggio di cambiare il mondo per renderlo migliore di come l’ha trovato!
Ma
“beato chi sa resistere”, resistere alla tentazione di un cambiamento verso
ciò che è “più bello” o “più semplice”.
Per
non perdere la via è sempre importante tornare “ad fontes” (come
amava ripetere Baden, illustre Aquila Randagia) ogni cambiamento, ogni passo
avanti od indietro non deve essere fatto in conseguenza a ciò che è stato
fatto ieri o ieri l’altro, ma in riferimento al nostro progetto iniziale, alla
nostra missione originaria. Solo così saremo davvero “fedeli e ribelli”.
E
noi? Da che parte stiamo andando?
Stiamo seguendo con determinazione la direzione che ci porta alla nostra meta o abbiamo scelto la strada “migliore” tra quelle che abbiamo ora di fronte?
E quando siamo in difficoltà cosa facciamo?
Cerchiamo
di tornare alle nostre fonti, alle nostre radici cristiane e le nostre origini
scout o più semplicemente tiriamo dritti per la nostra strada?
E
conosciamo le nostre fonti, abbiamo desiderio di scoprirle? O ci illudiamo che
la nostra acqua sia altrettanto pura, di avere in mano la verità?
E
che rapporto abbiamo con la verità? Crediamo di averla in pugno, di averla
dalla nostra parte o abbiamo l’umiltà di contemplarla e di renderci
suoi semplici strumenti?
Domande
a cui non è così facile rispondere, ma che dobbiamo porci quali cristiani
(innanzi tutto) e quali capi, solo così potremo crescere e far crescere i
nostri gruppi e la nostra associazione.
Questo è quanto: se vi aspettavate la cronaca di un incontro avvincente, pieno di emozioni forti… …Bé, credo di avervi deluso!
Di
avvincente c’è stato poco, e l’unica emozione forte è stata la commozioni
di certi momenti (che non v’ho raccontato per pudore).
Non
è stato un incontro epico con due eroi che ci hanno aperto ed illuminato una
via, ma il fraterno racconto di due persone che con la naturalezza e la
schiettezza di due ragazzini ci hanno sbattuto in faccia tutti i nostri limiti e
ci hanno invitato a intraprendere un ripido e oscuro sentiero di montagna…
Già,
due ragazzini: perché di “vecchio” in quella sala non c’era nulla, fuorché
la stoffa di una bandiera…
Ah,
non ve l’ho raccontato?
Un fratello dell’AEGI-ASCI ha portato all’incontro l’orifiamma realizzata ai tempi della fondazione dell’ASCI. Quando venne cucita l’unica insegna a rappresentare lo Scautismo cattolico Italiano era lei, poi le cose sono un po’ cambiate…
Ma
in questa giornata si sono stretti intorno ad essa tanti scout con camicie di
colori diversi… …e neanche in questo c’è nulla di vecchio …
Buona
strada, verso la libertà!
Gerri “Rama” - R-S
Ancona 3° FSE
«Ma quando guardate, guardate lontano, e anche quando credete di star guardando lontano, guardate ancor più lontano!» B.-P.
Ripensando oggi al grande incontro del 21 febbraio 2009 a Bologna con… e sulle Aquile Randagie, mi sono tornate alla mente queste parole di B.-P. Per portare anche ai giovani capi e ai nostri ragazzi e ragazze di Bologna e di altre parti d’Italia, la testimonianza di questi fratelli maggiori (dopo l’incontro di Treviso del 5 aprile 2008), è stato necessario cercare di “guardare lontano”, superando così quegli ostacoli che talvolta possono sorgere operando con altre Associazioni scout. Guardare lontano, appunto, nonostante diversi modi di intendere e vivere lo scautismo. La testimonianza dei protagonisti di ieri ha probabilmente un senso e una ragione di essere anche per noi, soprattutto se si riesce a tradurre in qualcosa di vivo per noi che viviamo lo scautismo cattolico oggi, in un’Italia molto diversa da quella di allora. Suonano forti le parole che Monsignor Giovanni Barbareschi, Aquila Randagia e membro dell’O.S.C.A.R., ci ha rivolto all’incontro bolognese, e penso che per questo meritino di essere qui ricordate:
«Abbiamo scritto sul nostro giornale [“Il Ribelle”, giornale delle Brigate Fiamme Verdi] [2]: “
Non vi sono liberatori, ma solo uomini che si liberano “. Nella prima pagina [del giornale “Il Ribelle”] avevamo stampato la frase di Giuseppe Mazzini: “Più
della servitù temo la libertà recata in dono“. Abbiamo anche scritto: “L’uomo nuovo non lo fanno le istituzioni, né le leggi, ma un lavoro interiore, uno sforzo costante su se stesso che non può essere sostituito da surrogati di nessun genere: Noi influiremo sul mondo più per quello che siamo che per quello che diciamo o facciamo “. A fare di noi persone libere non saranno mai gli altri, non le strutture e neppure le ideologie. Continuando il discorso delle Beatitudini non avrei paura ad affermare: “Beato colui che sa resistere”, anche se il resistere oggi è più difficile perché non siamo di fronte a mitra puntati[…]. Questo invito a una resistenza è rivolto a voi giovani, è rivolto a ogni uomo che crede possibile e vuole diventare un uomo libero, senza trovare nelle difficili situazioni esterne il rifugio o la scusa alla propria pigrizia». Beppe Agosta R-S |