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Molto del materiale scritto da Fausto Catani è stato raccolto nel libro "A caccia con Lupo Rosso Solitario" (a cura del Centro Studi ed Esperienze Scout Baden-Powell); questo libro rappresenta,  in un certo senso,  un importante manuale di lupettismo (ma non solo di lupettismo..).

Essere capi

Il capo nella visione ideale  

di Fausto Catani

F.Catani: Lupo Rosso Solitario

Riportiamo qui una parte dell'articolo apparso su "Estote Parati" (la rivista dei capi dell'ASCI, 1916-1974) nel dicembre del 1952, riflette lo scautismo di quegli anni, nei quali la figura del Capo era - forse -  particolarmente "idealizzata", ma questo"idealizzare"   era un modo per incitare al senso di responsabilità il più consapevole possibile.

Erano tempi di riscoperta entusiastica e faticosa dello scautismo: Fausto Catani, fondatore del Lupettismo cattolico italiano,  in questa ricerca era uno dei più accaniti.  Chi gli è stato accanto in quegli anni può dire quanto ha lavorato e fatto lavorare la sua Pattuglia nazionale della branca lupetti. 

Non è tempo sprecato ripetere la riflessione che Fausto proponeva ai Capi degli anni '50, tanto più che la smitizzazione del metodo scout (operata oggi da alcuni) può sostituire le pericolose sicurezze con altrettanto pericolose maschere dietro le quali si nascondono alibi alle responsabilità e incompentenze metodologiche.

 

Se mai nel mondo c’è stato un momento in cui si sia sentito il bisogno di buoni capi ed invece si sia maggiormente sofferto per la mancanza di una autorità vera e disinteressata, questo è l’attuale. Il nostro tempo è quello delladisegno De Fiore specializzazione, e più questa si afferma e maggiore è il pericolo di veder diminuire il valore umano dei dirigenti, mentre la lotta immane che si svolge in tutto il mondo in difesa di questa o quella civiltà richiede sempre più degli uomini capaci di responsabilità.

Le precedenti generazioni accusano voi, giovani e giovanissimi, di rifuggire da tali responsabilità; vi accusano di mancare di volontà per sostenere ideali che solo teoricamente abbracciate e in cui solo in teoria avete fede. Vi si accusa di superficialità, di impreparazione, di rifuggire dal sacrificio, di irridere alle esperienze passate.

La risposta che le giovani generazioni possono dare è una sola: prepararsi, agire, sacrificarsi.

Scopo dello Scautismo, per voi, è quello di aiutarvi a dare tale risposta:

col Lupettismo e lo Scautismo il ragazzo viene messo in grado di prepararsi, ma è soltanto col Roverismo che le giovani generazioni possono passare all’azione; soltanto il Roverismo ha per retaggio il sacrificio. 

Servire: si è Rovers soltanto per il servizio e col servizio e finché esso duri. Al di fuori di esso c’è soltanto il circolo di amici che sarà di volta in volta, a seconda dei gusti dei partecipanti, un club alpino, un circolo culturale, ecc. Ogni Novizio o Giovane Rover deve perfezionare la sua personalità, deve maturare una autorità, per poter assumere al più presto una responsabilità. Il Rover non è uno del gregge, lo sapete bene, non può essere che un uomo capo [cioè] un trascinatore e non un rimorchiato. [...]

E’ un imperativo categorico al quale non si è guardato ancora con sufficiente chiarezza o si è cercato di sfuggire: si è Rovers per divenire uomini-capi; si diventa uomini-capi facendo il Capo dell’Unità. Il servizio sociale, il servizio tra gli uomini ed a contatto dei problemi da uomini, è il fine a cui deve tendere il Rover, deve essere il servizio definitivo del Rover " partito", che, appunto perché tale, deve avere la sua parola da dire, la sua luce, la sua fede da portare in altri ambienti che non siano l’Associazione.

E sarà evidentemente da considerarsi in servizio sociale anche quel Rover "partito" che tornerà ad un certo punto all’Associazione come [capo] su piano più vasto dell’Unità, perché l’educazione delle giovani generazioni è compito sociale da uomini.

Il Roverismo è ancora, nel quadro generale del Metodo, una Branca di formazione. Il Metodo vuole che gli sforzi per l’autoeducazione compiuti da ciascuno siano sanzionati di quando in quando, come " ricarica" per gli sforzi futuri, da un riconoscimento. [...]

Permettetemi di ricordare che lo Scautismo è l’unico metodo che offre questa meravigliosa possibilità, che la offre in pieno perché comincia a dare responsabilità proporzionali e graduali al ragazzo dai nove anni in su.

[...] Per quanto sia alto l’ideale dello Scautismo, per quanto completa possa essere la perfezione tecnica del Metodo, nulla sarà o potrà essere fatto senza capi capaci di rianimare gli scoraggiati, di temperare le imprudenze, di riunire in unico fascio la somma delle personalità, di utilizzare la potenza dell’ambiente per foggiare i caratteri.

Per ciascuno dei suoi ragazzi, il capo è un compagno, un modello, uno migliore di lui, una guida, un apostolo.

Questa è l’autorità nel suo significato più alto e vero. Né essa può essere sostituita da alcun accorgimento, da nessuna eloquenza.

E notate che l’autorità, quella vera, non nasce per nomina dall’alto, ma disegno De Fioresprizza spontanea dal basso nella stessa misura con la quale il capo sa incarnare lo sforzo dei suoi, con la quale egli sa esprimere in parole precise ciò che era soltanto, nei suoi, vaga sensazione; sa trasformare in solida verità quelle che erano semplici intuizioni; sa generare il meraviglioso slancio dell’azione.

Ecco perché essere capo è una missione, non un gioco o un passatempo,. ma uno stato di vita. Ecco perché non tutti i Rovers giungeranno alla " Partenza". Essere capo è una vocazione: essa ci viene da Dio. 

[...]   Assumete, dunque, con piena consapevolezza e ferma fede la missione di essere capi. Estote parati, il motto evangelico, di cui l’A.S.C.I. ha fatto la sua bandiera, deve essere applicato anche a questa missione e v’impone di rivedere in voi stessi il livello di tale vostra preparazione.

 Ogni autorità esige tre condizioni:

1) l’ideale;

2) l’attitudine ad essere capi;

3) la competenza tecnica.

  1- L’ideale. — Senza di esso si può assolvere con onore ad un incarico, ma non si può divenire un capo. In proposito non possono sussistere mezzi termini. Il compromesso è inammissibile: l’ideale è sempre questione di vita o di morte, di pro o di contro.

Dobbiamo bruciare dietro di noi tutti i vascelli, tagliare tutte le vie di ritirata, una volta che abbiamo abbracciato il nostro ideale.

Il grande nemico di ogni ideale non è l’opposizione degli avversari, ma la mediocrità dei buoni, degli amici. Le mezze misure non conducono mai al risultato completo, né mai progrediremo fintanto che vi saranno dei capi che accettano questo, ma si riservano di studiare quello; che al di fuori di una linea studiata e fissa adottano soluzioni intermedie.

Un vero capo deve prendere posizione, vorrei dire addirittura deve "compromettersi" francamente e decisamente per l’ideale che egli vuoi far trionfare.

Essere capo è compiere un servizio; essere capo significa, sì, [dirigere], ma donandosi nel servizio dei propri ragazzi.

Soltanto colui che è tanto ricco da donarsi, da sacrificarsi, annullarsi, dimenticarsi, soltanto lui è interiormente in grado di esercitare la missione del capo.

Con il Cristo, un capo deve volersi offrire per i suoi fratelli, perché il Cristo si è offerto per tutti noi.

Noi siamo cattolici e facciamo dello Scautismo cattolico. Noi siamo convinti che Dio è lo scopo supremo di ogni attività umana; il punto d’appoggio della nostra azione non potrà allora essere che la religione..., oppure sarà un odioso egoismo.

L’incredulo può anche essere — almeno in teoria  — un idealista per motivi esclusivamente umani; ma noi, noi credenti, se non lavorassimo per amore di Dio e del prossimo, non saremmo più che dei tiepidi e dei rinnegati. Una mancanza di volontà che ci impedisca di vivere la nostra Fede è il segno di una assoluta inabilità ad essere capi.

Il capo cattolico è una specie di missionario: egli fa per i suoi fratelli ciò che i missionari fanno nelle terre d’oltremare.

Ecco, dunque, un altro punto per le vostre riflessioni: verificate la purezza delle vostre intenzioni, mettete a nudo di fronte alla vostra coscienza il perché avete chiesto di essere capi, misurate la vostra convinzione nel nostro ideale comune... e poi siate logici e conseguenziali.

Un capo è un eroe per il suo ragazzo. Se vuol essere vero capo deve essere vero eroe, dunque agire eroicamente. Voi mi intendete.

 2 - Attituddine. — Un brevetto [di capo] non fa un capo; si limita a riconoscere una competenza tecnica. E’ intuitivo che questa sola non basta.

Si è spesso detto " Capi si nasce". L’attitudine ad essere capi è un dono di Dio.

Ciò è fondamentalmente vero; ma è anche e fin troppo vero che è assai difficile conoscersi. Più di un Rover ho incontrato che per ritenersi inadatto ad essere capo — cioè non nato per questa missione — si è rifiutato di tentare. Direi che con ciò ha rifiutato di realizzare in sé l’ideale scout.

Molte altre volte ho direttamente constatato che il Rover, il quale pur non si riteneva adatto, avendo accettato di provare, si è scoperto quelle doti naturali ed altre ne ha sviluppate e acquisite per cui è riuscito ottimo capo.

Chiunque, anche senza poter vantare particolare valore personale, può lavorare duro con la ferma intenzione di servire Dio e la Patria.

In questa buona fede e buona volontà svilupperà in sé, nel lavoro, le qualità del capo. Non riuscirà forse un trascinatore travolgente, non avrà voli geniali di fantasia, ma con il suo lavoro generoso, fedele, preciso e costante, volto tutto al fine vero, arrecherà al Movimento un vantaggio forse più grande, sodo e duraturo di quello che potrebbe recare un capo di lui meglio dotato naturalmente, ma che "si sia meno lavorato".

3 - La competenza tecnica. — Il nostro Metodo esige una particolare competenza tecnica. Se abbiamo deciso di andare verso il Cristo per questa strada che si chiama Scautismo, basterà che lo attuiamo seguendo le tracce del nostro Capo. Ma se abbiamo deciso di essere noi stessi capi nel Movimento, e cioè di condurre i nostri fratelli verso il Cristo per la Strada dello Scautismo, allora è indispensabile che noi ci facciamo una conoscenza profonda del Metodo in generale ed in particolare della Branca in cui vogliamo servire.

Sarebbe troppo profondamente disonesto voler dare lezioni di matematica senza sapere che due più due fa quattro e pretendere inoltre di esser pagati. Perché noi, fratelli, nel nostro lavoro nelle Unità vogliamo essere pagati: non certo di vil moneta, ma col compenso che il Cristo stesso ha promesso.

La competenza tecnica vuoi dire sì lo studio dei Manuali, primi fra tutti quelli fondamentali di B.- P., e delle riviste, ma vuoi dire anche agire, eseguire, vivere il metodo: cioè Campi-scuola, cioè contatti con altri capi più esperti.

Vorrà comprendere ciò che legge, ciò che fa, aggiungere alle sue conoscenze quelle degli altri e con senso pratico andrà con gli occhi e le orecchie bene aperti a ricercare il contatto con gli altri capi.

Un capo deve acquistare in continuazione nuove conoscenze, nuove esperienze, perché, ricco in ogni campo, possa adempiere alla sua missione lottando per una vita nobile, per un ideale elevato.

 Saprà essere sufficientemente umile per riconoscere che lo Scautismo è già stato scoperto e delineato, che a lui compete di imparare a conoscerlo e ad applicano al meglio delle sue capacità, mettendo nella condotta pratica della sua Unità tutta la sua anima.

* * *

 Ecco che io ho evocato ai vostri occhi la figura ideale del capo ed ognuno di voi, lo spero, ha fatto o rinnovato il proponimento di fare ogni sforzo per attuarla. Sono certo che questa aspirazione è in ciascuno di noi.

Ma le nostre aspirazioni da sole non bastano. Esse possono essere soltanto un punto di partenza.

Il capo si deve formare in noi: con forte volontà, nel lavoro ciascuno di noidisegno De Fiore deve acquistare o perfezionare le qualità e la capacità necessarie.

Ciascuno di noi sogna per sé una vita alta e degna; la nostra anima aspira al coraggio è alla generosità; vogliamo salire al disopra degli egoismi meschini, vogliamo realizzare grandi cose per il prossimo.

Non restiamo ai vaghi desideri: nes­suno è mai diventato grande limitandosi alle aspirazioni.

Occorre avere la forza di cominciare e poi lavorare ogni giorno tutti i giorni, ciascuno secondo le proprie possibilità.

E’ una questione di zelo e d’onore. Abbiamo il diritto di essere ambiziosi per il bene. Questa ambizione non è egoismo, ma volontà realizzatrice.

 Fausto Catani

                                                            in "Estote Parati" , dicembre 1952

  (rivista per i Capi dell'ASCI, Associazione scautistica cattolica italiana - 1916-1974)

F.Catani: Lupo Rosso Solitario

 

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