...Questo breve racconto di Antoine de Saint-Exupéry (da "Terra degli uomini"), anche se non è propriamente scout, esprime una "sensibilità" vicina alla nostra..., e si può prestare ad essere letto in Riparto come in un Clan / Fuoco... Non pare anche a te? |
di Antoine de Saint-Exupéry
«Un
solo lusso vero esiste, ed è quello dei rapporti umani.
Lavorando
unicamente per i beni materiali ci costruiamo da soli la nostra prigione. Ci
rinchiudiamo, solitari, con la nostra moneta di cenere che non procura nulla di
ciò che vale la pena d’essere vissuto.
Se cerco tra i miei ricordi quelli che mi hanno lasciato un sapore durevole, se faccio il bilancio delle ore che contarono, ritrovo infallibilmente ciò che nessuna ricchezza sarebbe valsa a procurarmi.
Non
si compera l’amicizia di un Mermoz, di un compagno vincolato per sempre a noi
dalle prove vissute insieme.
Quella
notte di volo con le sue centomila stelle, quella serenità, quella
sovranità di qualche ora, non può comperarle il denaro.
Quell’aspetto
nuovo del mondo dopo la tappa difficile, quegli alberi, quei fiori, quelle
donne, quei sorrisi colorati di fresco dalla vita che l’alba ci ha reso
poc’anzi, quel coro di piccole cose che ci ricompensano, non può comperarli
il denaro.
Né
può comperare quella notte vissuta in terra ribelle che mi torna alla memoria
Eravamo tre equipaggi dell’Aéropostale, impantanati sul far della notte sulla costa di Rio de Oro.
Il mio compagno Riguelle era stato il primo a scendere, per una rottura di biella; un altro compagno, Bourgat, aveva a sua volta atterrato per prelevarne l’equipaggio, ma un’avaria di minor conto aveva inchiodato al suolo anche lui. Atterrai io, infine, ma al mio arrivo scendeva l’oscurità.
Si
decise di salvare l’aereo di Bourgat e, per eseguire bene la riparazione, di
aspettare che facesse giorno.
In
panne esattamente qui, un anno prima, i nostri compagni Gourp ed Erable erano
stati massacrati dai ribelli. Sapevamo che c’era anche adesso, accampata da
qualche parte a Bojador, una banda armata di trecento fucili. I nostri tre
atterraggi, visibili di lontano, avevano forse dato l’allarme, e la veglia che
intraprendevamo poteva essere l’ultima.
Quindi ci siamo disposti per la notte.
Scaricate
dal bagagliaio cinque o sei casse di merci, le abbiamo vuotate e disposte a
cerchio e, in fondo a ciascuna, come nella cavità di una garitta, abbiamo
acceso una misera candela, scarsamente protetta contro il vento. Così in pieno
deserto, sulla nuda scorza del pianeta, in una solitudine da primordi del mondo,
abbiamo costruito un villaggio d’uomini.
Raggruppati
a trascorrere la notte su quella piazza grande del nostro villaggio, scampolo di
sabbia sul quale le nostre casse spandevano un barlume tremolante, abbiamo
atteso. Attendevamo l’alba, che ci avrebbe salvati. Oppure i mauri. E non so
che cosa mai desse a quella notte un sapore natalizio. Si raccontavano ricordi,
ci si prendeva in giro, si cantava.
Assaporavamo lo stesso lieve fervore che si ha in seno a una festa ben predisposta.
Eppure eravamo di una povertà infinita. Vento, sabbia, stelle.
Dura
regola da trappisti. Ma su quella tovaglia mal rischiarata, sei o sette uomini,
che al mondo non possedevano più nient’altro che i loro ricordi, spartivano
ricchezze invisibili.
Ci
eravamo finalmente incontrati.
Lungamente si cammina a fianco a fianco, chiusi nel proprio silenzio o scambiando parole che nulla convogliano.
Ma ecco l’ora del pericolo.
Allora ci si spalleggia a vicenda. Ci si accorge di appartenere alla medesima comunità. Ci si amplia nella scoperta d’altre coscienze. Ci si guarda con un largo sorriso.
Si
è simili a quel prigioniero, rimesso in libertà, tutto stupito di fronte
all’immensità del mare».
Antoine de Saint-Exupéry,
da "Terra degli Uomini" - Ed. Bompiani