Scautismo...
Quale politica?!
Ricevuto "Percorsi" numero 23, dell'Ente Baden (per metà Agesci e per metà Masci), ho risposto alla lettera pubblicata (riprodotta in allegato) con la riflessione che vi espongo.
Leggo
sul numero 23 di Percorsi la seguente lettera:
“Tra
le tante informazioni pubblicate dai giornali riguardanti la vicenda G8 ho
appreso che il sig. Agnoletto, rappresentante del cosiddetto GSF, è uno
scout, avendo seguito tutta la carriera scautistica diventando “perfino”
responsabile degli scout anziani. Ho letto che associazioni scout italiane hanno
partecipato, ufficialmente, alle manifestazioni dei cosiddetti anti G8.
Io
ricordo bene che l’ASCI dei tempi di Baden era rigorosamente apolitica,
anche nel suo Statuto, e che era impensabile il suo coinvolgimento in qualsiasi
vicenda prettamente politica.
Ma allora lo Scautismo di oggi quanto è diverso da quello che ho
vissuto?
Quanto di Scouting for Boys è ancora valido per l’Agesci dopo 93
anni e quanto, di quello che fa ora l’Agesci, non c’entra niente con B.P. o,
addirittura, ne è in contrasto? Cosa avrebbe pensato Baden delle prese di
posizione dell’attuale Scautismo?
Lo Scautismo italiano è ancora un metodo educativo o è diventato un
metodo che fa politica, che si schiera a fianco dei partiti, che partecipa
ufficialmente, per esempio, al forum antimperialista?
Ricordiamo che negli anni settanta quel ragazzo che fu immortalato in una
tragica fotografia mentre a Milano, in via Carducci, sparava, a mani unite e ad
altezza d’uomo, contro la polizia, era uno scout [...].
Certamente tutto ciò può e deve essere oggetto di evoluzione, ma un
metodo educativo non dovrebbe essere snaturato cambiando, ribaltando, alcuni
dei suoi principi.
Lo Scautismo è un metodo universale, vale per popoli, religioni, razze
diverse (non lo fanno vivere solo le dittature), vale per l’uomo. Mi
piacerebbe dire che è nato ed è globale.
Non mi risulta che lo Scautismo sia diventato un movimento politico, né
che faccia politica attiva.
Se lo Scautismo italiano, invece, fa politica attiva, si può chiamare
ancora Scautismo?
Buona
strada, Sergio Del Monaco”
Invitato come lettore a rispondere alla lettera di Sergio Del Monaco
dalla Redazione, esprimo la mia opinione circa un argomento che da tempo mi
sconcerta. Da quando cioè l’estate scorsa il macellaio del Supermercato dove
vado di solito mi ha fermato e – con mia sorpresa (non lo conoscevo) – mi ha
chiesto: “Tu sei quello degli Scouts? Ma cosa c’entrate voi con le Tute
Bianche e Agnoletto?”
Io sono nato due mesi prima dell’Agesci (…) ed avevo sei anni alla
dipartita di Baden - don Andrea Ghetti. Ricevo Percorsi ed i brani che
propone, le
riflessioni e spesso le notizie mi interessano per la mia formazione, per il mio
essere Capo Scout ed in generale direi per la mia vita.
In questo momento mi trovo assolutamente d’accordo con Sergio quando si
chiede quanto dello Scautismo “vero” è rimasto in un’Associazione che
prende posizione “ufficiale” di fronte a tematiche sociali ed a
manifestazioni di protesta come il G8 ed il Genoa Social Forum. Il fatto che
Agnoletto abbia più volte ribadito che egli provenisse dallo Scautismo non mi
fa pensare – come la Redazione ha scritto – a quante persone
“importanti” siano passate dalla Promessa Scout (e comunque quelle
“importanti” ci sono passate in tempi non sospetti), ma mi fa credere che
lui come molti altri considerino lo sbocco naturale dell’essere Scout quello
della manifestazione organizzata come nel caso di Genova.
Ed io – che all’epoca per ragioni anagrafiche non c’ero –
concordo con il Baden, don Andrea Ghetti - che fino all’ultimo
insistette sul ritorno ”ad fontes”, ed a voi vorrei proporre una semplice
riflessione.
Tutto ciò che un Capo Scout fa come tale, lo fa (o lo dovrebbe fare) per
i suoi ragazzi, cioè per il suo Servizio per/con essi; allora un Capo studia i
testi di B.-P., si impegna, partecipa ad incontri formativi (anche non
associativi, come il Catechismo per adulti della Parrocchia o altro) ed alla
fine ripropone questa sua formazione a testimonianza del suo essere Capo di
fronte a dei ragazzi più giovani.
In
questo senso può – anzi, secondo me deve – essere letta anche la missione
dell’intera Associazione, intesa come struttura che agevoli il Capo nel suo
operato, fornendogli occasione di crescita e di formazione ed organizzando
strumenti di crescita e formazione soprattutto ancora per i ragazzi (Campi,
attività internazionali, eventi…); questo – per dirla con B.-P. – evita
che lo Scautismo diventi un’Associazione convenzionalmente intesa, ma permette
che esso rimanga ciò che è principalmente: un Movimento Educativo.
Dopo questa premessa mi chiedo anch’io quale motivo abbia
l’Associazione di partecipare a campagne di sensibilizzazione, a tavole
rotonde, infine a giornate di riflessione come quella di Genova. No, non voglio
entrare nel merito dicendo che già esserci a Genova ha significato “per la
pubblica opinione” prendere una posizione politica, e non voglio neanche
sottolineare che le altre associazioni cattoliche partecipanti erano sindacati,
associazioni di adulti e per gli adulti, movimenti di opinione. Quello che mi
preme chiedere è quale sia la ricaduta di tutto ciò sui ragazzi, sui Lupetti,
le Guide o i Rovers.
Molto pragmaticamente mi sembra che la componente adulta
dell’Associazione stia lentamente dimenticando che è lì in funzione dei
ragazzi, ma approfitti dei grandi numeri e del favore mediatico che spesso viene
riservato agli Scouts per costituire un movimento di opinione (politica, ma ben
lontana da quel “politica” della scelta del Patto Associativo) che prenda
posizione ogni volta ce ne sia bisogno, o meno. E spesso a sproposito.
Ma, scusate, chi sono gli “agescini” per poter parlare di no-global?
Che conoscenze hanno, quali credenziali per essere ammessi a dire la loro? E la
tavola della Pace, non da sempre magari, ma almeno per come è stata gestita
negli ultimi due anni, cosa c’entra con l’essere Scout? Ed ancora: la
richiesta della cancellazione del debito ai paesi del terzo mondo quali frutti dà
in termini educativi?
Io a tutte queste cose – premetto a scanso di equivoci – sono
individualmente favorevole, e credo non si troverà nessuna associazione che
operi nel sociale e che si opponga ad esempio alla cancellazione del debito. Ma
la domanda è un’altra: cui prodest? A chi giovano queste prese di posizione?
C’è una bellissima copertina di “The Scouter”, la rivista
inglese, che nel 1920, all’indomani del Jamboree di Olympia, vedeva
raffigurato un “Mondo” che parlando con uno Scout gli diceva: “Ce
l’avete fatta! Siete riusciti a portare la fraternità tra i popoli prima
della Società delle Nazioni”, riferendosi evidentemente alla fine della Prima
Guerra. Questo era sicuramente prendere posizione politica, ma è ben diverso
organizzare un Jamboree o partecipare ad esempio alle manifestazioni pacifiste
dei Sindacati.
Ma c’è un altro aspetto che ritengo – da capo Clan – addirittura
terrorizzante.
Non
ci sono più canoe da guidare. Non c’è più la possibilità per un giovane
– neanche dentro l’Agesci – di prendere in mano la sua vita ed iniziare a
remare da solo. B.-P. nella Strada verso il Successo si raccomanda vivamente che
il ragazzo non si accontenti di remare dando le spalle alla direzione seguita, o
peggio che remi lasciando che qualcun altro decida la direzione per lui. Ma in
Agesci sembra che ad ogni domanda di tipo “sociale” che un ragazzo possa
porsi a quest’età, ci sia già la risposta “associativa” bell’e pronta,
insindacabile, irreprensibile, a cui è necessario uniformarsi.
Vogliamo un esempio? Chi ha avuto ragione a Genova: i Carabinieri che
hanno ucciso il giovane manifestante, o lui che stava tirando l’estintore
contro il blindato? L’Agesci – schierandosi – sembra non avere dubbi. E se
un Rover ce li avesse?
Ed ancora: chi ha ragione tra i Centri Sociali che “okkupano” e le
forze dell’ordine che sgomberano? Oppure: chi ha ragione tra Palestinesi ed
Israeliani? Di ognuno di questi quesiti squisitamente “politici”
l’Associazione ha dato risposta a modo suo; intervistando anni fa su
Camminiamo Insieme un leoncavallino (rivedetevi il tono eroico
dell’intervista), invitando i responsabili dello Scautismo Palestinese alla
Route di Verteglia del 1997, ed ancora partecipando a manifestazioni
ambientaliste a fianco dei partiti, mettendo il naso nei diritti dei lavoratori
o altro ancora.
Concludo con una frase tratta proprio dal dibattito epistolare tra
Agnoletto e Patriarca. Quest’ultimo scrive: “Ancora:
da domani ci attenderà un confronto politico serio con il governo e il
parlamento sulla prossima finanziaria e non solo; ci attende la marcia
Perugina-Assisi che vedrà riconvocati i nostri giovani sui medesimi temi; a
novembre il Forum del terzo settore organizzerà una convention. E poi, davanti
a noi, il lavoro silenzioso di formazione e di sensibilizzazione con i nostri
giovani per farli crescere per davvero cittadini del mondo, e il sostegno alle
campagne e ai progetti internazionali delle nostre Ong.”
Beh,
capite che pensare di educare i “nostri” giovani (quante volte Baden si è
scagliato sullo scollamento tra quadri e unità?) a divenire Cittadini del Mondo
partendo dalla Finanziaria del Governo…
Se
questo è lo Scautismo dell’Agesci, forse è il caso di dargli un’altra
definizione. Perché ci sono altre persone che allo Scautismo vero credono
ancora.
Ora concludo veramente ringraziando la redazione di Percorsi che continua
a preservare la memoria di Baden (ed ora di Cicca) attraverso la ripresa di loro
articoli e riflessioni. Spero che continui a farlo sempre, anche quando seguire
Baden significa andare controcorrente. Anche in casa scout.
Grillo
Parlante