da
Estote Parati, (rivista
dei capi ASCI) 1958, n.25
Perché essere Capi
Responsabilità di esserlo
La
coerenza che deve essere una delle qualità specifiche dell’Uomo,
impone a colui che si impegna in una missione o segue una vocazione, di proporsi
la domanda fondamentale che scaturisce dalla sua scelta.
Nel
caso dell’uomo che si dedica all’educazione dei ragazzi per mezzo
dell’integrale applicazione del Metodo scout, la domanda è di ragione
assoluta.
Perché
essere Capi e, in particolare, perché Capi Riparto?
Per
chi da molti anni si interessa alla formazione dei ragazzi attraverso lo
scautismo, la domanda non è nuova. Sicuramente, in altre circostanze, nei momenti
in cui, accantonando i sogni e le fantasie della prima giovinezza, abbiamo
orientato la nostra vita futura, nel porci domande analoghe, abbiamo
giustificato
a noi stessi il tempo usato ed il lavoro fatto per essere Scout-Master.
L’essere
entrati nel Grande Gioco ed aver vissuto le belle avventure all’aria aperta
durante la nostra adolescenza, ha indubbiamente favorito il nascere spontaneo
del desiderio di continuare nella vita scout attivamente; e quando l’entusiasmo
ha dovuto cedere all’attenta riflessione e da ragazzi siamo divenuti giovani,
allora abbiamo scelto di SERVIRE.
Non
la sete del comando, non la vanagloria di distintivi e decorazioni, non
l’ambizione personale; ma l’aspirazione di guidare altri ragazzi sui
sentieri tracciati da Baden - Powell ci ha deciso ai primi esperimenti, a
fianco di Capi che abbiamo ammirato con la naturale e genuina mentalità di
ragazzi qualunque che avevano trovato il loro «eroe».
Tentativi
e ricerche, successi ed insuccessi, esperienze nuove, letture, corsi capi, campi
scuola e l’azione formativa costante esercitata su di noi dalla «funzione»
e dalla «responsabilità» di Capi, hanno fatto germogliare lentamente il
significato vero e la risposta esatta all’interrogativo
che, con il passare del tempo, andavamo ponendoci sempre con maggiore urgenza.
Ed
ecco finalmente la chiarezza!
Nel
silenzio raccolto del ritiro spirituale, mentre il pensiero si astrae dalla
materia che è in noi e che ci circonda il cuore, questo muscolo, prezioso
motore di vita che descrive concretamente, anche nell’essere più simile ad
una fredda calcolatrice, le variazioni
del nostro modo di sentire, dà un tonfo: nella preghiera a Dio abbiamo
trovato la risposta.
Siamo
Capi per servire Iddio nei ragazzi
Questo
pensiero domina la nostra azione che si estrinseca nel formarli ed educarli per
mezzo dello Scautismo.
Siamo
Capi per essere apostoli, per collaborare con la Chiesa alla edificazione
delle anime nel campo specifico del nostro apostolato.
Siamo
Capi per servire la Patria, nel preparare individualmente, attraverso una scuola
di responsabilità e di autodisciplina, gli elementi della futura società
nazionale.
Siamo
Capi per educare i nostri ragazzi al servizio del prossimo e per servirlo noi
stessi, direttamente ed indirettamente attraverso di essi, allenandoli ad un
giuoco di osservazione e deduzione affinché siano vigili, attenti e pronti a
prevenirne le necessità.
Infine
siamo Capi nella Branca Esploratori per cosciente stima del Metodo, per aver
valutato le nostre possibilità e capacità relativamente alle altre due
Branche, per onestà di formazione, per adattabilità alla mentalità ed alla
psicologia particolare dei ragazzi nella età dai 12 ai 17
anni.
Vivere
la Legge. E’ questa la prima condizione per essere Scout-Master.
Il Capo è un adulto che affianca il ragazzo e lo accompagna sul sentiero dello Scautismo, ne plasma il carattere, la volontà e le altre qualità morali e fisiche, ne indirizza a buon fine gli stessi difetti, e in collaborazione con il ragazzo stesso.
Egli deve servire Dio, la Patria, il Prossimo e vivere la Legge scout perché è a lui che il ragazzo guarderà con ammirazione, elevandolo, nella sua fantasia, al rango di «eroe» e imitandolo.
L’esempio
che egli darà svolgerà una funzione determinante nella formazione ed
educazione del ragazzo scout.
Grande
è la responsabilità assunta dal Capo nello scautismo; ma altrettanto sublime
è la nobiltà della sua missione.
L’educazione
è attributo precipuo della paternità e il Capo scout che si viene ad inserire
nella funzione educativa propria dei genitori, deve essere altamente cosciente
dei suoi «doveri».
La
Chiesa, maestra degli insegnamenti di Cristo, affianca allo Scout-Master,
nello scautismo cattolico, il Sacerdote, Assistente Ecclesiastico, coordinando
la azione Capo-Assistente con legami strettissimi. Il Capo diviene quindi
strumento attivo per la formazione spirituale del ragazzo.
Per
cui quello che viene definito alcune volte il bel «mestiere» del Capo, nel
senso dell’opera artigiana del modellare, assurge al grado di missione nobile
di apostolato e di educazione poiché il Capo si innesta nei due organismi predominanti
nella vita dell’uomo.
Rendere
migliori I ragazzi aiutandoli a vivere la Legge; rendere migliore la società
immettendovi dei leali ed onesti cittadini, pronti e preparati a servire;
costruire delle coscienze e temprare gli spiriti ed i corpi alle prove della
vita, per innalzare, su di una solida base umana, quei templi della Santissima
Trinità che sono le anime; ecco quali sono gli scopi dell’opera del Capo che
fanno intravedere la nobiltà della sua missione e le sue responsabilità.
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Proprio
perché nello scautismo essere Capo è una missione; proprio perché questa
missione è altamente nobile, il Capo deve rendersi degno del ruolo al quale il
Signore lo ha chiamato e al quale egli ha liberamente aderito.
Più
di qualsiasi altro educatore lo Scout-Master deve concentrare ogni sua
forza nella sua formazione e nella sua preparazione.
Sul
piano spirituale, egli avrà una vera vita di pietà e sarà Capo con umiltà di
cuore.
Sul
piano morale, le virtù naturali della Legge scout e la fierezza del suo
scautismo vissuto lo faranno degno della sua missione.
Affondando
le radici del suo geniale metodo nella psicologia del ragazzo adolescente, B.-P.
ha fatto germinare quelle piante rigogliose di frutti che sono i mezzi pratici
della tecnica scout. E quindi oltre ad una adeguata preparazione sul piano
pedagogico
(poiché egli come educatore deve conoscere la psicologia e la
fisiologia del ragazzo), oltre al
Metodo, il Capo deve essere maestro sul piano tecnico dovendo affrontare un
giudice ben severo: il ragazzo stesso.
La
preghiera costante, fiduciosa e generosa gli darà la forza per compiere il
dovere di educatore che si è imposto.
L’assiduità
ai Sacramenti gli permetterà di
aumentare quella Grazia di cui il Signore gli sarà largo per la fecondità
della sua opera.
La
confidenza con il suo Assistente Ecclesiastico e con il suo Direttore Spirituale,
gli consentirà di penetrare con la sua azione le anime dei suoi ragazzi per
travasarvi quei tesori spirituali che egli avrà accumulato e che sgorgheranno
da lui, unito con Dio, senza fine.
Sono
in definitiva queste le condizioni essenziali per poter essere Capo nello
scautismo cattolico e senza dl queste o si costruirà sulla sabbia o si
distruggerà
Mario Quintiliani
(*) Titolo originario: "Perché essere capi riparto. Responsabilità di esserlo". Nel riproporre questo articolo apparso sulla rivista dei capi dell'ASCI (Associazione scouts cattolici italiani, 1916 - 1974), nel titolo si è preferita l'indicazione generica di capi, piuttosto che quella di capi riparto, in quanto le utili riflessioni ci paiono opportune per tutti coloro che sono capi nello scautismo, al di là delle specifiche branche.