Ai capi e alle capo scout
(sulla vocazione sacerdotale e religiosa)
Di
Monsignor Benoît Rivière,
Vescovo
di Autun, lupetto, (rangers, pionnier, e poi capo rangers per 6 anni degli
Scouts de France)
(Traduzione
dal francese di Lucia Egua, dal sito web “ma
vocation.org”
http://www.mavocation.org/actualite-eglise-catholique-paris/evenements-passes-du-diocese/aux-chefs-et-aux-cheftaines/)
Hai scoperto che i ragazzi e le ragazze che i genitori ti affidano, proiettano
delle volte su di te e sull’associazione della quale fai parte, sacerdoti
compresi, uno sguardo di ammirazione e cercano di imitarti.
Non
avere paura!
Puoi
essere un esempio per i più piccoli, nonostante le tue debolezze; i giovani
hanno fiducia in te e in te vedono l’adulto che vorrebbero diventare.
Pensa
a Giovanni Battista e non crederti il Messia! Non devi far mai arrestare il loro
sguardo su di te, ma devi far scoprire ai giovani Cristo.
Come
capo, non cercare di farti servire e di essere elogiato. Piuttosto devi voler
servire, che significa essere utile a coloro che sono sotto la tua responsabilità
di capo scout.
Conosci il metodo scout, che è un cammino evangelico di progressione e
d’impegno.
Anche tu devi vivere secondo i grandi principi dello scautismo. Ma quali sono le
grandi intuizioni del fondatore dello scautismo, sulle quali puoi far
affidamento nel tuo servizio ai più piccoli, facendo, allo stesso tempo,
nascere la loro vocazione personale?
Gli
aspetti dello scautismo che mi sembrano particolarmente adatti a far nascere nei
ragazzi la vocazione e a fornire loro una prima risposta, sono tre.
Con
dei metodi pedagogici appropriati per ciascuna età, lo scautismo stimola e
sviluppa nei bambini e negli adolescenti, la capacità di osservazione e di
ascolto. L’osservazione attenta della realtà della natura e l’ascolto
attivo di quello che viene chiesto, sono delle qualità importanti per lo
sviluppo armonioso della libertà. Come si può rispondere un vero “sì”
senza una presenza riconciliante con se stessi e con gli altri?
Un
secondo aspetto è l’importanza delle responsabilità affidata in ogni tappa
della progressione personale scout.
Dal
lupetto all’esploratore fino ad arrivare al rover, dalla coccinella alla
guida, ogni ragazzo e ogni ragazza si vede affidata una responsabilità
proporzionata alla sua età, rivolta in particolare ai più piccoli. E quando un
ragazzo diventa il fratello o la sorella maggiore di una altro ragazzo, succede
questo: egli scopre il germoglio di quella che sarà più tardi la paternità o
la maternità , compresa quella spirituale.
Perché
il capo o la capo squadriglia, l’assistente, il capo o la capo scout non si
impegnano soltanto con le loro azioni o con le loro parole autorevoli a far
crescere gli altri nelle loro attitudini specifiche a conoscere e a giocare; si
tratta anche di un allenamento nella fede quando, per esempio, propongono un
momento di preghiera o di riflessione.
Fin
da piccoli, nello scautismo, si impara a servire gli altri in tutte le
dimensioni della loro personalità creata a immagine e somiglianza di Dio.
Infine
bisogna ricordare il terzo aspetto: l’ambiente dello scautismo.
Si
tratta di un ambiente educativo integrale della persona umana.
È
un mezzo che favorisce e genera degli scambi veri nei quali, come dicono i
ragazzi, “non ci si mette dei problemi (non ci si arrovella)”.
Quante
discussioni semplici e vere si sono sviluppate durante la strada, durante il
tempo libero o la sera attorno al fuoco!
Mi
ricordo, durante un campo estivo a Corrèze, di essermi confidato con
l’assistente scout del clan 89 esimo di
Parigi esprimendoli il mio desiderio di diventare sacerdote.
Tu
che sei capo, fai in modo che il dialogo con i ragazzi venga riportato dalla
vita scout su un piano concreto, in modo che non restino soltanto parole in
aria, ma che si instauri un dialogo vero e responsabile che fa assumere in
maniera progressiva al bambino già la libertà dell’adulto.
Testo tratto e tradotto da sito web francese: