INIZIO


LA SPRITUALITA' SCOUT

S.Croce di Gerusalemme: la Croce Scout

 

"L’esempio, è il genio stesso del metodo scout. Vi è qui un umanesimo profondo: l’uomo, per prendere coscienza di sé, ha bisogno di vedere il suo ideale incarnato nella vita degli altri, nella vita delle grandi anime o dei santi: è il segreto pedagogico dell’incarnazione del Verbo. E, per i capi. noi abbiamo visto quale stimolante sia il dover vivere sotto gli occhi dei ragazzi che vogliono leggere su un viso amato, figura di quello del Cristo, la lezione della propria vita".

Padre Forestier O.P., "Scoutisme, Route de liberté"

Questo capitolo scritto dal Padre M.D. Forestier O.P. è certamente "lungo", ed occupa uno spazio non comune per la "pagina" di un sito...: ciò nonostante, è sembrato utile riproporre ai Capi e alle Capo le pagine che seguono, tratte dal libro "Scoutisme, Route de liberté", un testo oggi poco conosciuto (ed esaurito). Potete "scaricare" questo brano, stampandolo e leggendovelo con maggiore comodità, magari con in mano una matita per prendere nota e sottolineare le parti che vi sembrano più stimolanti. Qualcuno potrebbe trovare alcune parti "scontate", eppure queste parole (scritte nel 1953) mantengono una freschezza non comune, e ci mostrano alcune importanti e fondamentali linee guida che devono ispirare uno Scautismo che vuole definirsi realmente Cattolico.

disegno di Emanuele Locatelli

"Esiste una spiritualità scout?

Coloro che hanno trovato la loro vita spirituale nello Scoutismo non ne dubitano, anche se, spesso, sono imbarazzati nel definirla.

Fin dagli inizi del Movimento, capitava che la parola fosse spontaneamente pronunciata da alcuni giovani capi; ma dall’aria che prendevano certi teologi dietro le loro severe lenti, capivano che ciò non era conveniente. Non mettevano, evidentemente, in questa parola una accentuazione particolare del dogma, né un nuovo metodi di orazione o di unione a Dio e nemmeno l’attuazione di una devozione particolare.

A considerare le cose in generale, si sa che le differenti spiritualità sono nate nella Chiesa sia per l’influenza di un uomo, sia per l’influenza, della vita di un gruppo o di una comunità, Ordine religioso o collettività nazionale. [...]

Il temperamento di un popolo, i suoi costumi, le sue usanze danno un timbro particolare alla sua pratica religiosa. E’ un po’ ciò che avviene per lo Scoutismo: che esso costituisca una comunità con propri costumi e con un proprio modo di considerare la vita, è sufficiente aprire gli occhi per assicurarsene.

La facilità estrema con la quale gli scout, al loro primo incontro, trovano immediatamente l’accordo, dimostra certamente che esiste fra loro uno spirito, dei gusti comuni, una comune maniera di essere. Il loro temperamento è stato forgiato da una pedagogia attiva che supponeva una morale orientata verso una morale del Bene, in opposizione a una morale di proibizione e di casistica.

Questo temperamento si trova orientato verso il servizio degli altri dalla Legge scout, e confermato dall’impegno di essere disponibile " in ogni circostanza " seconde la Promessa. Tutto questo genera uno stile di vita: " Un certo stile, scriveva il P. Doncoeur, è proprio tutto ciò che conserveremo un giorno dello Scoutismo: una certa maniera giovane, viva, semplice, sorridente di vivere; un gusto dell’aria aperta, dello sforzo; la cortesia, un carattere servizievole; una certa eleganza. Né l’età né le occupazioni ci impediscono d’essere così, per tutta la nostra vita, perfettamente scouts, anzi, più la nostra personalità prenderà la sua forma, il suo carattere, più attorno a noi si allargherà la sfera della nostra influenza, più noi potremo essere scouts, realmente. E questo in ogni ordine di cose... Senza alzare la voce, sarà piacevole per lo scout portare nel suo cristianesimo un’allegria che non pretende nulla d’eroico, ma deve far piacere al Padre Nostro che è nei Cieli. Perché essa è propria dei suoi figli ".

E' dunque normale che entrando così "caratterizzati" nel possesso del dogma dei sacramenti, gli scouts li ricevano secondo ciò che essi sono: la loro maniera d’essere apporta all’esistenza della loro fede cristiana una specifica modalità. Coloro fra noi che hanno studiato un po’ la teologia e la scolastica sanno che il soggetto materiale impone alla forma spirituale che lo specifica un modo d’essere che, per quanto modesto, è ben reale.

E’ ciò che esprimeva il P. Doncoeur ancora, al primo Congresso dei Capi Rovers, nel 1931: "Nello Scout di Francia il cattolicesimo si accorda intrinsecamente con il suo Scoutismo; nel senso tomista, lo informa. Vi è compenetrazione, animazione, alla stessa maniera dell’anima presente in tutto il corpo e del corpo umanizzato dall’anima... Da una parte il Roverismo degli Scouts di Francia sarà tutto informato di cattolicesimo; dall’altra parte, la sua vita religiosa porterà un riflesso, un carattere, uno stile, che la differenziano e la condizionano".

Cercando di descrivere questo stile, l’assistente nazionale dei Rovers, in un alato discorso, dichiarava che l’elemento più tipico di esso era " il gusto, la volontà d’essere giovane ".

La gioventù per così dire biologica non implica la giovinezza d’animo. Troppi " giovani ormai invecchiati" mirano esclusivamente a far carriera. La gioventù si oppone non solamente alla vecchiaia d’età, ma più ancora a quell’invecchiamento precoce che è l’abitudine nel senso di accettazione passiva di sclerosi. Gioventù d’animo che si oppone allo scetticismo; facoltà di ammirare che si oppone all’essere logorato; gusto per l’iniziativa in opposizione ad ogni angustia utilitaristica; gioia di vivere che contrasta con l’affettazione, e, forse, con il gusto della tristezza e della disperazione.

Questo gusto d’essere giovani è una delle risultanti dello Scoutismo. Resta da ricercare quali sono state le cause generatrici di una spiritualità scout.

I

Lo Scautismo, così come noi abbiamo visto, ha una certa concezione dell’uomo; riconosce certe leggi permanenti della natura umana, che l’osservazione può scoprire; pensa che questa natura nasconda delle spinte verso il Bene, cioè verso l’accrescimento dell’essere, che possono essere sviluppate.

Senza negare ciò che vi può essere di deficiente nell’uomo, e che testimonia di una ferita profonda del suo essere, Baden-Powell, e lo Scoutismo al suo seguito, mettono l’accento su ciò che vi è di positivo, se non altro sul famoso cinque per cento di buono. La parola chiave è sostituire per distruggere, far praticare il bene per impedire il male, dare fiducia a ciò che la natura dell’uomo nasconde di generosità e di Senso dell’onore.

Guy de Larigaudie esprime bene ciò che vi è di positivo nella vera morale cristiana e ciò che la fonda: "Una religione negativa: tu non farai né questo né quello? No certamente; ma un amore di Dio così profondo, così intenso, che affiora sulle labbra lungo l’intera giornata. Ciò è positivo e permette di stare in piedi contro i venti e le maree... La castità è una scommessa impossibile e ridicola se essa ha per armatura soltanto precetti negativi. Essa è possibile e bella, ed arricchisce l’uomo se si appoggia su una base positiva: l’amore di Dio " [...]

Questi giovani resistevano al pessimismo [...], sentivano che la natura, in loro, non era totalmente malvagia e che la grazia poteva trovarvi ciò su cui far presa.

Forse che Iddio non può far nulla con le risorse straordinarie che si manifestano nell’uomo in certe circostanze? E qual cristiano non ha vibrato di questa speranza, leggendo quel che racconta Guillaumet?

Vi ricordate il fatto: l'apparecchio travolto dalla tormenta di neve durante la traversata nelle Ande. Cinque giorni e quattro notti di marcia senza mai fermarsi, perché ogni sosta poteva significare la morte di freddo. La marcia, ho detto in realtà l’incredibile lotta con la montagna; la discesa da quattromilacinquecento metri, le pareti verticali, le cadute, i piedi che congelano, e dentro di sé questo unico pensiero per resistere alla tentazione del sonno, dell’oblio, della morte: " Mia moglie, se crede che sono vivo, crede che io cammini. i compagni, se credono che io viva, credono che io cammini"

E, contro ogni verosimiglianza, eccolo che appare vivo davanti ai suoi cercatori, irriconoscibile, rattrappito. scalcinato, raggrinzito quasi esangue, incapace di sfuggire un istante alla sofferenza del più piccolo dei suoi muscoli, e improvvisamente raddrizzantesi per dire: " Ciò che io ho fatto, lo giuro, mai alcuna bestia l’avrebbe fatto ". [...] Dall'uomo e da nessun altra creatura, Dio attende amore gesti degni della fonte d’eroismo e di grandezza che Egli ha messo in lei.

Su un piano empirico, Baden-Powell dà fiducia all’uomo; gli ambienti cattolici sollecitati dal rinnovamento tomista che restituiva alla natura i suoi valori positivi e all’uomo la sua unità, non potevano che trovarsi d’accordo con lui. [...]

II

Ecco dunque dei giovani cristiani che si sono appassionati per la loro propria perfezione, che si fanno un’alta idea di ciò che è l’uomo e si sono impegnati nella via del progresso. Il pericolo appare subito. E’ quello di ogni umanesimo. La creatura riabilitata, felice di sapere che non vi sono contraddizioni fra il fiorire della vita che è in lei e il cristianesimo, non si compiacerà in se stessa? L’uomo non sarà tentato di provare una tale voluttà della sua grandezza e dei suoi poteri tanto da arrivare al punto. secondo una frase troppo celebre, di sentire il bisogno di fare a meno di Dio?

Il pericolo è reale. Nessuna educazione può tare a meno di ascesi. L’ascesi, inseparabile da qualsiasi spiritualità, è praticata dallo Scoutismo a modo suo, senza impiegare la parola che sarebbe d’altronde arcigna per dei giovani. Sarà, per esempio, la frugalità e la povertà del campo, i duri sforzi della marcia nelle intemperie, il dormire al duro, la vita comune e le molteplici occasioni di carità concreta che essa comporta; sarà l'astensione dal tabacco e dall’alcool al campo; sarà la subordinazione al bene Comune, l’obbedienza a una regola e ai capi.

Ma per dominare il corpo, al contrario di quanto sostengono certe spiritualità romantiche, non è necessario distruggerlo. Senza dubbio è sufficiente prenderlo in mano come il cavaliere governa il cavallo agile e forte. E’, io credo, l’opzione di tutta una generazione. [...]. Ogni scuola di spiritualità ammette che l’ascesi ha tappe e che deve essere anzitutto esercizio prima di essere sacrificio e follia della Croce. Potrebbe ben darsi che lo Scoutismo, quando fa vivere i ragazzi al campo, quando li stacca, anche solo provvisoriamente, dalle comodità e dalle mollezze, abbia anche trovato una ascesi che non è una ascesi di monaci e di anacoreti, ma una ascesi di cittadini e di padri di famiglia, di ragazzi vigorosi e casti, destinati a vivere e a lavorare nel mondo.

Non vi è vita spirituale autenticamente cristiana senza umiltà. Si è temuto a volte che la Legge scout e lo spirito di corpo generassero la soddisfazione di sé e il fariseismo. E’ un rischio. Come pure è cosa buona che la voluta semplicità degli scout faccia screpolare la vernice di certe rispettabilità illusorie. Ai capi allievi del campo scuola di Charamande, il P. Sevin amava parlare della piccola via di Santa Teresa di Lisieux; faceva notare che essa conviene ai capi, in un metodo d’educazione che richiede di rendersi simili ai fanciulli che si pretende educare. Prendere il passo dei ragazzi, rispettarli, non imporre la propria personalità, annullarsi davanti a Dio, è da qui che l’umiltà fa la sua apparizione nel mondo dei capi. Se essi conservano nella vita corrente questa attitudine di fronte agli altri, il loro temperamento d’uomo ne resterà penetrato.

Infine, come contrappeso all'egocentrismo, minaccia di ogni umanesimo, lo Scoutismo, preoccupato di sviluppare al massimo la personalità, subordinerà, con una subordinazione volontaria, l’individuo al gruppo, e metterà il valore personale al servizio del prossimo.

Bisogna ricordare che, per Baden-Powell, lo Scoutismo si propone: l’accrescimento del valore dell’individuo, e nello stesso tempo: il civismo, cioè l’impiego delle capacità individuali al servizio altrui. E non è l’eco del Vangelo quando dice: "Tu troverai la felicità mettendoti al servizio degli altri"?

Lungo tutta la vita scout, si solleciterà Io sforzo del ragazzo, si farà brillare ai suoi occhi un tipo d’uomo completo, robusto, gioioso, felice; ma, sempre, la ragione finale di questo sforzo sarà che egli deve prepararsi ad essere utile. Sarà merito del Canonico Cornette l’aver indefessamente spinto alla generosità la prima generazione degli Scouts di Francia. Egli predicava con l’esempio, e, alla sua parola, i cuori ardevano dal desiderio di servire.

Con la pratica della Buona Azione quotidiana, il senso sociale dello scout si sviluppa, si abitua a vedere ciò che manca agli altri e a immaginare immediata mente ciò che si può fare per essi. Il che è molto importante, anzi originale; una carità intensa non può farne a meno. Quanti, e persino tra i religiosi, amano autenticamente i loro fratelli, e sarebbero pronti ad ogni servizio, ma non colgono le indicazioni concrete del loro dovere e non vi pensano. Il che è il miglior mezzo, disgraziatamente, di pensare esclusivamente a sé.

Ed ecco, dalla prontezza a servire "in tutte le circostanze" che si amplificherà con l’età, affiorano sorgenti insospettate di gioia, un canto misterioso che verifica la parola del Maestro: " Vi è più gioia nel dare che nel ricevere ". Quella gioia scout che caratterizza il movimento e si acquista giorno per giorno, mettendo in atto l’articolo 8 di modesta apparenza: "Lo scout sorride e canta nelle difficoltà".

Ecco ciò che leggo su un diario di Clan fra cento altri: "Natale 1937 a Villette d’Anthon, parrocchia scristianizzata, senza parroco. Tutte le autorizzazioni ottenute dall’Arcivescovo. Pesante lavoro di preparazione materiale, impianto e poi riordino a cose fatte... Ma risultato: sala piena nell’officina del carradore trasformata in sala di spettacolo, canzoni, recite, una parola del capo che diceva le ragioni cristiane di questo incontro d’amicizia, poi la rappresentazione del Mistero del dolore della Madonna. Quale silenzio raccolto all’Ave Maria! E poi una chiesa piena per la messa di mezzanotte.., la parola dell'assistente, le comunioni, i canti popolari, il raccoglimento fra di noi, il nostro veglione frugale, tre ore sulla paglia. Gran fatica. Gioia".

Come scriveva Léon Chancerel: "La gioia è uno stato profondo che bisogna meritare di raggiungere e che, con tutto l’oro del mondo, non si potrebbe acquistare se non la si è meritata ".

Se si parlasse soltanto della gioia che nasce dal dono di sé e dal sacrificio, si accentuerebbe troppo il carattere di austerità della vita scout, si presenterebbe un quadro falso dell’allegria dei nostri incontri.

Il dono di sé più abituale per i capi, è di consacrarsi all’educazione dei ragazzi, di dividere la loro vita. E’ un apostolato, un desiderio di fare qualche cosa perché la loro vita sia più felice, ma soprattutto per far loro conoscere ed amare Gesù Cristo. Il P. Sevin, Capo del campo di Charamande, evocava con emozione la seduzione di questo compito e il centuplo riservato a coloro che hanno inteso "la chiamata del fanciullo".

Ma, tra fratelli e sorelle cristiani, vi è pure la gioia di fare la strada insieme, di amare le medesime cose, d’essere votati allo stesso servizio di Dio, di condividere la stessa fede e la stessa verità. [...]

A modo loro, gli scout hanno partecipato al movimento generale dell’Azione Cattolica, dell’Apostolato organizzato dai laici. Non solamente con l’azione educativa fra i giovani, ma con la formazione di spiriti convinti della necessità di governare le istituzioni e i costumi secondo le esigenze della fede e dell'amore. Essa sarà sufficiente a far comprendere lo sviluppo che gli Scouts di Francia hanno dato al " civismo " di Baden - Powell.

In verità, la preoccupazione apostolica fu molto viva nella prima generazione di capi. Poiché essi erano persuasi che per rifare un paese cristiano bisognava prima educare la sua gioventù, avevano scelto di servire lo Scoutismo. [...]

Per mezzo del messale, diventato il libro della spiritualità, il libro della iniziazione al dogma cristiano, tutta la prima generazione scout ha partecipato con entusiasmo a questo rinnovamento [liturgico]. E’ interessante costatare qui il servizio che un Movimento, che aveva per principio di far agire i suoi membri, che aveva ritrovato il beneficio di una educazione corporale, di una espressione corporale, ha reso al movimento liturgico trasportando in esso questa preoccupazione. Anche la liturgia fa appello alla partecipazione dei fedeli, I due movimenti si sono trovati in armonia. [...]

La messa al campo, dono principesco di Pio XI agli Scouts di Francia, ha potentemente contribuito a farli beneficiare del rinnovamento liturgico, ma anche a far di loro il popolo di tale rinnovamento, in marcia verso le parrocchie. Il P.Bouyer lo constata quando scrive: "Quali furono gli inizi del nostro movimento liturgico? Sembra che li si trovi nei nostri movimenti giovanili, più o meno legati all’Azione Cattolica. Lo Scoutismo, prima di tutto, vi ha svolto una gran parte, e per il genere di vita liturgica che sollecitava e per le reazioni che ha creato in coloro che ha formato e che, in seguito, sono stati all’origine di numerose iniziative, come laici o come preti."

Nello stesso tempo che il messale introduceva nel più profondo del mistero della Redenzione, la messa al campo dava agli scouts il senso di quest’altra dimensione del Sacrificio, quella di essere azione di ringraziamento: l’azione di ringraziamento, l’Eucarestia, dell’umanità, ma anche e per suo mezzo, della creazione tutta. Rivedrò sempre quella messa, sull’alto del Salève. Era cominciata nella nebbia, poi improvvisamente, al momento preciso dell’elevazione, esattamente per tutta la sua durata, ecco che la nuvolaglia si apre con opulenza per lasciar apparire quel diamante rilucente di gloria mattutina che era il Monte Bianco in quell’istante. Tutti coloro che vi assistevano furono in quel momento penetrati da una emozione religiosa, fatta d’ammirazione e d’adorazione: per mezzo loro veramente risaliva verso Dio il ringraziamento del mondo. [...]

* * *

Con i nostri fratelli cattolici, la partecipazione attiva alla liturgia — così conforme ai postulati di una pedagogia attiva — l’approfondimento del messale, del mistero della messa, dovevano farci riscoprire nella sua pienezza il mistero della Pasqua.

[...] Noi pure crediamo alla divinizzazione dell’uomo, ma nella Resurrezione del Cristo; ne abbiamo la garanzia. Per quanto amaro sia il tempo che ci separa dalla consumazione di ogni cosa, noi sappiamo che la vittoria è già conquistata.

Il vero uomo nuovo, sappiamo che non dobbiamo attenderlo dalla scienza, dalla sociologia, dalla psicologia delle masse, ma che è nato, uomo divinizzato, uomo in divenire di Dio, nel misterioso battesimo nel sangue del Cristo

Noi sappiamo di essere i pellegrini dell’Assoluto, di marciare verso la Gerusalemme in cui Dio sarà tutto.

Solamente questa pienezza di fede può equilibrare, lo si vede, ciò che potrebbero avere di troppo "incarnato" le nostre preoccupazioni di organizzare la terra.

In un Movimento come il nostro, come nella Chiesa, gli spiriti si divideranno, accentuando o il loro sforzo di conversione del mondo, o la loro contemplazione della Pasqua celeste, ma la Verità non può essere che tensione fra queste due aspirazioni dell’uomo nato dalla terra e divenuto cittadino del cielo.

Con la ripresa di coscienza del Mistero pasquale si assisterà alla valorizzazione spirituale del Mito del Roverismo?

E’ curioso il constatare che se il Roverismo, materialmente preso, ha svolto un compito primordiale nella spiritualità del Movimento, la sua ideologia, quella della vita cristiana considerata come un pellegrinaggio, a volte un esodo, una Pasqua e un arrivo, ha avuto poca influenza. Senza dubbio a causa della virulenza, in questi venticinque primi anni, delle preoccupazioni di "incarnazione" del Messaggio.

Non vorrei finire senza dire una parola dei nostri i amici, i santi. Essi non l’hanno a male con me per aver io ricordato che non devono ingombrare le nostre vite col loro culto, ma devono essere dei buoni compagni che marciano avanti, sulla strada della perfezione.

I Santi ci danno la nostalgia di servire e di amare ed è per questo che noi amiamo Giovanna d’Arco nella quale abbiamo tante volte rivissuto la Passione e la passione della Francia; Paolo, cavaliere di Cristo; Giovanni il Battista; il grande S.Luigi [ IX, re di Francia], non sempre così comodo a seguirsi; la piccola Teresa, da cui ci vengono terribili lezioni; Francesco, signore della gioia perché amante della Croce; Domenico, pellegrino sei volte a Roma dalla quale non si può deviare; San Giorgio, di cui noi evochiamo l’eroismo con tutti i nostri fratelli scout del mondo.

Ma che dirò di te, Maria. Tu hai ricevuto i nostri primi canti, Nostra Signora degli esploratori. Si è fatta una strana alleanza fra te e i tuoi ragazzi: non ti abbiamo più lasciata alle sole preghiere delle tue figliole: tu sei di nuovo diventata la devozione virile della nostra vita di uomini.

Vergine del Puy, che hai incoraggiato a morire tanti dei nostri, sappiamo che senza di te la spiritualità degli Scouts di Francia, e l’amore di cui noi ci amiamo, non avrebbero la loro impronta.

E noi vogliamo dirtelo, a bassa voce, teneramente: sappiamo bene che l’amarti così, non danneggia per nulla l'amore che, in Cristo, noi offriamo a Dio. [...]

* * *

La più giusta immagine dello scout, quella che a poco a poco si stampa più profondamente nei migliori, non è finalmente quella del buon Samaritano che non è tanto felice di essere forte, di essere sano, e di essere ricco, se non in quanto e perché può così, discretamente e, portare soccorso alla miseria umana?

I numerosi scout e le numerose capo branco che non hanno esitato a sacrificare tutte le loro ricchezze d'anima e di corpo per andare a seppellirsi nelle lontane missioni, al servizio dei malati e di quelli che erano assisi all’ombra della morte, rappresentano forse l’ideale scout nella sua perfezione. Tutti non andranno così lontano, ma tutti, trascinati dai migliori, comprendono che per non mancare alla loro Promessa devono avvicinarsi a un simile ideale. Certuni, senza lasciare il loro paese o il loro ambiente, si sforzeranno di imitare nella loro famiglia, nel loro mestiere o professione nel loro quartiere, nel loro vicinato, la testimonianza silenziosa di Charles de Faucauld. che tanti scout ammirano ed amano. Lo scout non è forse fatto per servire e salvare il suo prossimo? [3° Articolo della Legge scout, nella versione francese]. Bisognerebbe qui scrivere un nuovo capitolo per mettere in evidenza la parte che gli scout hanno avuto nel elaborazione di una rinnovata spiritualità nel matrimonio. I focolari scouts sono la corona del Movimento. Vi si raccolgono i frutti di tutte le ricerche dei comportamenti di rottura con l’individualismo. Essi sono caratterizzati dal desiderio di condurre insieme, condividendola, la vita spirituale di sposi, e di dare la vita con generosità.

La solidarietà di queste famiglie fra loro, per città o per quartiere, per il reciproco aiuto materiale e spirituale per l’incoraggiamento al servizio della città o della parrocchia, per l’educazione dei fanciulli, apre, per gli anni prossimi, buone prospettive.

 P. M.D Forestier, traduzione italiana di "Scoutisme route de liberté" ("Il Metodo Educativo dello Scoutismo", ed La Scuola, 1960, pp.281 -305)

disegno Joubert

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