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Padre Forestier o.p.

Una sera sotto la lampada...

Angoscia di un fanciullo...

In sanctas ac venerabiles...

 

Trovate in questa pagina uno "stralcio" di quanto il Padre Forestier o.p. ha scritto sul Roverismo cattolico nel suo "Scautismo, strada di libertà"(*). 

 Padre Forestier o.p. è tra i "fondatori della spiritualità scout", e questo suo scritto mantiene una freschezza e attualità oggi, nonostante i tanti anni trascorsi dalla sua pubblicazione... La lettura potrà essere utile a molti capi clan, capo fuoco, rovers e scolte..., ma non solo.

Spiritualità Rover

«Il dilemma d’essere nello stesso tempo impegnato nell’azione comune e nel salvare la propria “personalità”, sembra a prima vista insolubile; e tuttavia bisogna risolvere questo per diventare veramente se stessi.

Il Clan deve essere il luogo di riflessione in comune e di critica dei comportamenti attuali. 

É necessario che i rovers giudichino gli usi e le tradizioni dei loro ambienti e che acquistino il coraggio di rifiutarsi a ciò che essi condannano.

All’inizio del Roverismo degli Scouts de France, noi dicevamo volentieri: “Tutti i giorni, facciamo un atto di non conformismo“

Un atto libero ispirato, non dalla fantasia o dalla paura, ma da convinzioni meditate (quell’atto concertato, voluto, deciso, […] come condizione del l’accrescimento umano).

É a prezzo di questa conquista interiore che si può pretendere di cambiare il mondo.

Il risultato di questa disciplina personale ebbe ben presto risultati tangibili, nel rifiuto e nella scomparsa di burle di scuola o d’officina, giudicate odiose, contrarie alla dignità umana e allo spirito cristiano.

La forza in più che il Rover deve trovare nel Clan è in realtà quella di resistere allo spirito gregario. Esso vi è terribilmente sensibile. Ciò che lo rende così timido ad agire non è solamente il fatto che non sa come comportarsi, ma più ancora il timore di sbagliarsi e di incappare nella derisione dei suoi compagni.

Il rispetto umano era sconosciuto al lupetto. All’età esploratori, era spesso la forma d’uno squisito pudore dei propri sentimenti. Nel rover, è il timore del giudizio dei suoi pari, il terrore di infrangere la legge del gruppo.

Non solamente egli non si sente abbastanza sicuro di se stesso per affermarsi, ma risente di segrete connivenze con il meglio e il peggio della propria generazione. Occorre liberarlo ad ogni costo, e far sì che conservi, dello spirito di corpo, solo ciò che meriti di essere conservato in corrispondenza al proprio ideale di vita. [...]

*  *

A poco a poco il rover si equilibra. Entra in possesso della sua personalità. 

I tratti del suo carattere si affermano [...]. Mi sembra illusorio il voler datare le fasi di questa evoluzione. Esse dipendono dal vigore interiore di ciascuno, dalle circostanze della sua vita, dagli incontri di cui ha beneficiato e dalle responsabilità che gli sono state affidate.

Non si tratta di una evoluzione armoniosa e continua. É fatta di progressi e regressi. La volontà è come il pendolo che oscilla indefinitamente.

Ciò che si può scorgere è una prima fase, dai sedici diciassette anni, ai diciotto diciannove secondo i casi, e una seconda che termina intorno ai vent’anni, con la presa di possesso della propria personalità. Non che tutto sia definitivamente fatto, ma è uomo.

Un uomo dovrebbe aver capito che la vita è un invito instancabile al progresso e che egli continuerà a forarsi, ad assimilare esperienze, ad aprirsi alle esigenze della Grazia. 

La vita è un movimento in avanti. Dove non vi è più progresso, la morte già regna.

* * *

L’età rover, in cui termina il suo mutamento, in cui mette in opera tutto il suo passato fisico e spirituale per fare l’unità del suo essere e acquistare la sua personalità, e naturalmente della massima importanza per la maturazione religiosa.

Ad ognuna delle fasi della crescita, si direbbe che spariscono tutte le certezze dell’età precedente e che non ne resti nulla, benché esse sussistano nel subcosciente. 

Come riconoscere nell’esploratore in crisi di pubertà, chiuso in apparenza al soprannaturale, il fanciullo che sembrava vivere in pieno col mondo celeste? Lupetto, serviva la Messa, si muoveva a suo agio intorno all’altare, non complicava le difficoltà delle rubriche, esploratore egli s’imbroglia, sembra aver tutto dimenticato.

Ad ogni momento della sua evoluzione fisica, egli deve tutto riscoprire secondo le esigenze nuove del suo temperamento e del suo spirito.

Il soprannaturale è vicino al meraviglioso per il piccolissimo. L’interesse per le cose concrete e solide, nell’esploratore, trascinava con sè il gusto di assicurarsi della realtà dell’Incarnazione, di sapere che ciò è esistito.

All’età rover si domanderà se ciò sia vero, se ciò sia possibile, come la fede possa intendersi con la ragione. 

Lo spirito diventa atto alle idee generali, capace di giudizi d’insieme, e deve, in religione, farsi una sintesi delle nozioni della fede. Molti non la fanno mai e restano degli impuberi nel campo della fede.

Non bisogna dissimularsi che gli spiriti contemporanei, bagnati nel laicismo circostante, formati alle discipline scientifiche positive, in cui l’esperimento giustifica l’assentimento, si trovano sconcertati dal mistero cristiano e dalla trascendenza.

Per uno spirito scientifico, il mistero è la cosa non ancora conosciuta, ma che l’intelligenza, con le sole sue forze, potrà penetrare e trasformare in luce razionale.

Il mistero cristiano è una verità, di cui l’intelligenza può decretare che è plausibile e che il cuore può stimare desiderabile, ma che non ha prove intrinseche, nè cade sotto la verifica dell’esperienza.

Non lo si può cogliere che per una intuizione, un movimento che è frutto della grazia. La trascendenza di Dio deve sollevarci fino a sè. La scoperta della verità è in realtà un dono. La preghiera e l’attenzione interiore, ne sono la condizione normale.

La parola di Dio non è solo verità per l’intelligenza. É una specie di segno ideologico che ci lega all’esistenza, all’eternità di Dio e ce la comunica. 

Lo spirito vi scopre armonie e convenienze; riceve, della verità, barlumi folgoranti, ma spesso fugaci; al nostro essere ne deriva un accrescimento soprannaturale.

All’età rover ci si domanda se tutto ciò è vero e quale sia il centro organizzatore di questa verità, tanto più che gli obblighi morali del cristianesimo si rivelano temibili e che ci si vorrà sottoporre soltanto per amore di Colui che li ha decretati, o, almeno, perchè si crederà con certezza che è Dio che ha creato questo ordine di cose. Ci si potrà sottomettere soltanto se Dio, avendocene dato il desiderio, ce ne darà anche la forza. [...]

Il cammino reale è quello che il Cristo stesso ha tracciato quando ha detto: “Lo sono la Via, la Verità e la Vita”.

La grazia di migliaia di rovers Scouts de France è stata di scoprire nel Vangelo di San Giovanni, a volte così concreto, — nel quale il Signore appare come qualcuno, e a volte il più sacramentale, che Gesù è una persona, un maestro, un esempio; ma anche un mistero (un sacramento della divinità), una fonte della Grazia e della vita.

I primi rovers avevano posto come principio che lo stato naturale del cristiano è lo stato di Grazia. 

Questo li orientava verso una vita sacramentale intensa: confessione che restaura e, sulla scia di San Pio X, comunione quotidiana che nutre e persuade.

Il capitolo VI di San Giovanni, infinite volte ripreso e meditato, fu il breviario della loro vita spirituale: è là che essa ha tratto la sua densità, la sua elevatezza e la sua tenerezza.

Il Signore non è solo Verità, egli è Vita. É con l’intelligenza, ma anche con l’azione che lo si trova. 

Ciò che assicura definitivamente la vita religiosa del giovane cristiano, è assimilare la sostanza del Vangelo, l’aprirvisi per mezzo di una dedizione, per mezzo dell’esercizio della carità: con un Servizio, con delle imprese, col dono di sè e l’amore degli altri.

Compito del Clan è di favorire l’investigazione della verità divina, la scoperta e la comprensione del Vangelo, di facilitare la vita sacramentale, di incoraggiarla e di favorire le attività di Servizio, per evitare che la vita religiosa resti nozionale. Meno che mai i giovani saranno accessibili al “moralismo”. I loro comportamenti potranno essere determinati solo da convinzioni profonde, da una fede dogmatica, da un amore, non sentimentale, per un Maestro di pensiero e di vita, per un Cristo che apparirà loro come il Salvatore del mondo».

Padre Forestier o.p. 

(*) da "Scoutisme route de libertè" 

(pubblicato nel 1952, Editions des Presses d’Ile de France; 

nel 1960 in Italia con il titolo "Il metodo educativo dello Scoutismo", La Scuola editrice

 

Rover_Scout , Rendere Servizio

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