Il Roverismo entra per i piedi...: La Strada è l'ambiente "base" del rover, la strada è il chiostro del rover. Ecco allora un brano dal libro del Folliet ("La spiritualità della strada") al quale si sono ispirati i rover e le scolte del "dopo guerra"... Anche questo testo è difficilmente reperibile oggi, ma se vogliamo tornare alle fonti, e comprendere meglio lo spirito del roverismo e dello scoltismo cattolici... (Questo brano del libro si collega, e in parte ricalca alcuni passaggi, alla pagina "La strada come vita")
La Strada come ritiro
Prima di tutto la strada ci permette di fare un ritiro.
Un
ritiro che non assomiglia ai ritiri chiusi in cui si seguono gli esercizi di
Sant'lgnazio, né a quelli più lenti e meno razionalisti, ai quali ci si
abbandona nella pace di un chiostro e nell'andamento regolare della liturgia.
Un
ritiro aperto, al sole, all'aria libera. Ma riflettiamo: ci si ritrovano gli
elementi essenziali del ritiro: l'allontanamento dal mondo, l'abbandono delle
nostre abitudini quotidiane e delle nostre preoccupazioni comuni, il silenzio e
la preghiera, il ricordo delle grandi verità, il ritrovamento di se stessi e di
Dio.
È
fuori della vita, una evasione necessaria, una presa di posizione, una specie di
retrocessione storica. Ci si allontana dall'abituale, non per lasciarlo per
sempre in un momento di cattivo umore, ma per vederlo meglio e per giudicarlo
esattamente.
Quando
si sarà fatto il punto, determinata la posizione esatta in cui si trova, allora
si potrà meglio progredire nel senso etimologico della parola, cioè camminare
in avanti.
Ho
spesso insistito, durante i nostri pellegrinaggi, “sull'ironia della
strada”. Al primo momento, l'espressione colpiva, sorprendeva; in seguito
se ne capiva il significato.
Per
qualche ora o per qualche giorno, la strada ci libera dal nostro ambiente
abituale, dalle nostre ossessioni, e dalle nostre occupazioni.
Eccoci
alla cruda luce del giorno, in faccia a noi stessi. Che cosa valiamo? [...] La
nostra vanità, il desiderio di apparire, di brillare, di dominare, di
proteggere; i nostri interessi, le nostre capitolazioni davanti alla forza del
nostro istinto, o la potenza delle tenebre; illuminiamo tutte le luci false,
tutte le ombre che si accumulano nei nostri cuori. [...]
Ci
sembra che le creature della strada che fanno bene quel che devono fare, gli
alberi che crescono diritti, i fiori che emanano profumi, le mucche che brucano
e ruminano (è il loro mestiere di mucche), avrebbero qualche motivo di
canzonarci, se Dio li avesse dotati di ragione e di riso. [...]
Ci
siamo mossi tanto e abbiamo realizzato così poco, tanto parlato e così poco
pregato. Abbiamo voluto portare agli altri quello che non avevamo neppure noi.
Bisogna mettersi a piangere? Bisogna riderne e cercare di cambiare.
Eccoci
infine davanti a Dio. Lui così grande, così buono, noi così piccoli, così
mediocri. Non cattivi, non esageriamo; ma gente qualunque, terribilmente
qualunque. Né caldi, né freddi; tiepidi da far vomitare.
Momento di ripresa, di risoluzione. Quello che io chiamo ironia della strada è questo ritorno al senso delle giuste proporzioni. Come ogni ironia anche questa non passa senza sofferenze, buone sofferenze, punzecchiature del pungolo contro il quale non si recalcitra.
In
montagna, quando è limpido si vede lontano per dei chilometri con la precisione
di una mappa; quello che si era preso per una foresta si rivela un gruppo
d'alberi, e così di seguito. In cammino ci si volta indietro verso la vita che
si snoda in tutta la sua ampiezza; si riflette, ci si esamina, si giudica, si
decide.
Non
sarà mai esaltato troppo questo aspetto claustrale, questo valore meditativo
della strada. Evasione, sì, non lo neghiamo, ma evasione benefica, evasione del
forte che si ritira dalla mischia perché lo vuole e per tornarci con maggior
coraggio, non del vile che scappa gettando le armi. [...]
Per
evolversi interiormente la maggior parte degli uomini ha bisogno dì cambiare
l'ambiente esterno.
Tuttavia,
se ci limitassimo a questo aspetto che ho appena descritto, non renderemmo
ancora giustizia alla strada. Essa è più di un ritiro: ha altre risorse oltre
all'ironia. È una scuola.
Non
si resta tutta la vita a scuola, ma bisogna passarci. La vita non assomiglia
alla scuola, ma la presuppone, permette l'utilizzazione di quello che si è
imparato. Diciamo dunque che la strada è una scuola di vita. Ce ne sono delle
altre; se ne può fare a meno, ma essa forma, serve.
Se
l'ascesi della strada portasse i suoi risultati solo durante il cammino, sarebbe
quasi tempo perso ed energia sprecata. [...] L'amicizia della strada non deve
impedirci le amicizie fuori della strada; al contrario deve renderci gli
accostamenti più facili, gli incontri più diretti, gli affetti meno banali e
più forti, altrettanti punti per l'esame di coscienza.
[...Il
Rover] fa le stesse cose che fanno gli altri, ma a modo suo. Per ripetere una
espressione dei Rover, ha uno stile: lo stile Rover.
[...]La
strada non è forse la cavalleria dei nostri tempi? La cosa principale,
d'altronde, è di ricordare l'esistenza, di comprendere la nobiltà dello stile
Rover»
ed. La nuova Cartografica, 1959
Grazie ad Andrea - Grillo Parlante - per aver procurato il testo del Folliet