La Tradizione nel
Metodo Scout
Chi conosce i testi di Baden-Powell è colpito dal numero dei passi autobiografici che essi contengono. B.-P. racconta volentieri la sua vita; il motivo lo spiega lui stesso: "Mi è sembrato molto strano che un uomo morendo porti con sé tutta lesperienza che ha fatto durante la sua vita" (1).
A ben vedere, lo Scautismo non è altro, in fondo, che la traduzione e applicazione pedagogica di una esperienza di vita. Non ogni vita, naturalmente, si sarebbe prestata: ma la vita di B.-P. era stata ricchissima di avventure e insegnamenti, in parte in se stessa, in parte per leccezionale curiosità umana, disponibilità, entusiasmo e forza di volontà con cui B.-P. laveva vissuta.
Listanza di trasmettere ad altri i valori in cui si è creduto, di far loro evitare gli errori in cui si è caduti, gli scogli in cui la propria canoa ha urtato, è vivissima in lui. E il motivo ispiratore de "La Strada verso il Successo" e della lettera con cui dedicò il libro al figlio Peter di nove anni:
"Mio caro Peter ho appena finito di scriverti una lunghissima lettera che leggerai quando avrai sedici anni. E il mio libro "La Strada verso il successo"... Contiene molte informazioni e consigli di cui avrei avuto immenso bisogno io stesso quando ero giovane. Ma non ebbi un padre, morì quando avevo tre anni" (2).
E ancora lansia di fare presto, di trasmettere la sua esperienza il più rapidamente possibile, perché il tempo incalza. "Dato che abbiamo poco tempo per vivere, è essenziale compiere azioni che abbiano valore, e compierle ora. Quanto a me, da anni mi vado dicendo: fra tre anni sarò morto. Quindi devo fare questo e portare a termine quello, altrimenti sarà troppo tardi" (3).
Ecco perché egli colloca tra i due fulcri essenziali su cui appoggiare lintervento educativo, accanto all"entusiasmo raggiante" del ragazzo, l"esperienza di vita" dell'educatore (4). B.-P. cioè non vuole raccontare solo la sua vita. Vuole che ogni Capo racconti la propria. Nella proposta educativa alla sua Unità e nel rapporto personale col singolo ragazzo il Capo deve mettere un po della sua storia personale.
E noto nella branca Esploratori il principio detto del "trapasso delle nozioni" (insegnare ai capi pattuglia [- squadriglia] perché insegnino a loro volta ai loro ragazzi). Spogliando il concetto di "nozione" dal suo contenuto limitatosi può affermare che tutto lo Scautismo è un trapasso di nozioni, o meglio di esperienze di vita tra fratelli maggiori e minori, più anziani o meno; trapasso che è facilitato del particolare rapporto che lo Scautismo instaura tra capi pattuglia e membri della pattuglia [o squadriglia], tra Capo e ragazzo;
Lelemento consistente nel tramandare la propria esperienza potrebbe di per sé introdurre una pedagogia impostata su moduli autoritari o dogmatici o paternalistici. Lantidoto a questo rischio è costituito, nello Scautismo di B.-P., dalla sua struttura portante il principio auto educazione, di imparare facendo, dellimparare dai propri sbagli e dallobbligo fatto al Capo di lasciar sbagliare il ragazzo, obbligo apparentemente contraddittorio con quello di trasmettergli la propria esperienza. E qui larte delleducatore scout, nel presentare al ragazzo la propria esperienza in modo antidogmatico, dandogli fiducia, affidandogli responsabilità concrete e autentiche, stimolando ad apprendere e a scoprire per proprio conto.
Ma non basta. Il capo educa con un metodo ed è inserito in un movimento. Lesperienza di cui è portatore non è quindi solo quella sua personale, ma è anche lesperienza storica tramandatagli dal movimento. E il senso di quella che una volta era lIPISE, limpegno di servizio del Capo. Si poteva ricevere lIPISE solo da chi a sua ne fosse in possesso, e così via, risalendo fino allo stesso B.-P. che aveva istituito tale impegno solenne. LAGESCI c il CNGEI non hanno conservato questa tradizione, ma il suo contenuto resta intatto; è quel deposito di gesti, di segni, di usanze, di espressioni e di valori che tutto ciò sottende, che vengono tramandati nei Campi Scuola, negli incontri, nei campi, nei bivacchi, nella vita e delle Unità e dei Gruppi, da una generazione allaltra di capi scout.
E tuttavia, leducatore scout non è un tradizionalista. Nessuno è più lontano dallo spirito del movimento di coloro che pretendono di imbalsamare tradizioni, tecniche e attività. Se un educatore guarda al passato e ne prende coscienza, non è per amor di rievocazione sentimentale, o per venerazione autocritica, ma per arricchire la sua attuale proposta educativa di ciò che è tuttora valido, riscoprendone le originarie motivazioni. In questo senso la tradizione è una luce alle nostre spalle che illumina il cammino che abbiamo dinanzi. Ma per lappunto il saper leggere la tradizione e storia del movimento e il saperne riconoscere gli aspetti attuali presuppongono uno sforzo costante di mediazione culturale tra passato e presente. Senza, poi, dimenticare di guardare al futuro, giacché ogni educazione ha una dimensione profetica. E un altro dei compiti del mestiere di Capo nello Scautismo.
Salvatore Zappardino
Questo articolo è stato pubblicato anche nella rivista "Corte d'Onore",
n.3 - Novembre 1996, p.13
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I.P.I.S.E. "I dirigenti che intendono impegnarsi al servizio di educatori volontari quali Capi nellAssociazione possono chiedere di ricevere la particolare investitura detta I.P.I.S.E..
LI.P.I.S.E. consiste - sostanzialmente - nel formale riconoscimento della validità degli elementi ideali posti a base del Movimento e della missione di Capo (IDEALE - POSSIBILITÀ - INTERESSE - SERVIZIO - ESEMPIO) e nelllimpegno a educare i giovani alla fedeltà al metodo.
LI.P.I.S.E. può essere conferita solo da un Capo che, a sua volta, labbia già avuta. Si risale così direttamente al Fondatore che lha conferita per la prima volta." (dalle Nome Direttive ASCl- 1970)
N.B. Nel CNGEI e nellAGESCI alcuni Capi e Dirigenti hanno ricevuto lIPISE. Attualmente, in Italia, solo la FSE prevede il riconoscimento dellIPISE.
(1) "Giocare il gioco", p. 147 (da SVS, 16)
(2) Il testo completo della lettera si trova in F. Janovitz," B.-P: Una vita per la felicità", Borla 1977, pp.80-8l
(3) "Giocare il gioco", p. 147 (da SVS, 23-24)
(4) "Giocare il gioco", p. 146 (da "Taccuino", 82)